A Mannheim, Salvatore Percacciolo, 1. Kapellmeister.

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di Smeralda Nunnari

Siciliano, 40 anni, pianista, direttore d’orchestra, con la prerogativa di trovarsi connesso a genii come Bach, Beethoven, Mozart, Verdi…, privilegiati da tale titolo.

L’eclettico maestro, cresciuto musicalmente in Europa, con il suo grande carisma, la sua espressività ed un talento innato, che emozionano, riesce a conquistare uno spazio significativo a Mannheim. Vive la musica da molteplici prospettive: la direzione operistica, sinfonica e pianistica. Maazel lo ha annoverato tra i più grandi talenti della direzione d’orchestra, indicandolo, come suo sostituto, nel Don Giovanni di Mozart, al festival di Castleton in Virginia (USA), da lui fondato e diretto. Adesso, tale incarico al Nationaltheater di Mannheim lo beneficia di un titolo nuovo, ma vetusto.

 

Maestro, di recente, è stato nominato 1. Kapellmeister, un prestigioso riconoscimento, che effetto le ha fatto?

Sono molto felice, grato e onorato d’iniziare un nuovo percorso nel più longevo teatro tedesco, con un’orchestra che vanta una grande tradizione e conta, tra i suoi direttori musicali, nomi quali Felix Weingartner, Wilhelm Furtwängler, Erich Kleiber…

 

Quando ha capito che la musica era il suo sentiero vitale?

Quando non so indicarlo con esattezza, dal momento che iniziai a suonare il pianoforte all’età di 4 anni e da allora, praticamente, non ho vissuto un solo giorno senza di Lei. E’ sempre stata compagna di vita, anzi negli ultimi anni mi limito a suonare il pianoforte e a dirigere, ma da bambino c’era anche il sassofono, la banda, gruppi di vari generi musicali e, quindi, esperienze diverse. Ma tutte focalizzate verso una sola meta: la voglia e la gioia di far musica insieme agli altri. Ecco il motivo per il quale mi sono avvicinato alla direzione d’orchestra, perchè sentivo il bisogno di far musica insieme ad altre persone per poter condividere emozioni con gli altri, per gli altri.

 

È stato un sentiero ad ostacoli, ha dovuto sacrificare qualcosa?

Non proprio, quando si ama qualcosa, la si fa senza troppi sacrifici, se lo studio significa sacrificio. Certo, con la nascita dei miei due figli, devo dire che un po’ la situazione è cambiata, nel senso che, a volte, sento che avrei potuto dedicare loro più tempo… lasciarli, effettivamente, è un sacrificio, ma il sacrificio migliora il futuro!

 

Quali sono stati i suoi punti di riferimento? Li ha trovati vicino, tra i suoi insegnanti o sono emersi dai suoi studi, come modelli da seguire, tra le amate pagine degli spartiti?

Tutti e due. All’inizio, assolutamente, i miei insegnanti di direzione d’orchestra. In primis, il Maestro Piero Bellugi, con il quale iniziai il mio percorso e dal quale ricevetti i primi rudimenti della direzione d’orchestra. Successivamente, direi, Jorma Panula, dal quale ho imparato l’essenzialità e l’economia del gesto ed, infine, Lorin Maazel, che mi ha trasmesso il rigore nello studio ed il rispetto per il segno scritto. Questi profondi insegnamenti me li riporto, giornalmente, nello studio delle partiture dei grandi compositori che, alla fine, diventano anche modelli di vita, nel senso che impariamo a vivere il quotidiano attraverso il loro messaggio musicale. Mi piace pensare che, oltre agli amici con cui chatto su WhatsApp, ho anche altri amici, ai quali non scrivo sms, ma dai quali ricevo messaggi sonori. Certo, bisogna affinare molto l’intuizione per recepirli!

 

Il suo percorso artistico l’ha portato lontano dalle sue radici. Quanto contano queste e gli affetti familiari?

Tanto, troppo, a volte! Ma, poi, penso subito alle parole di Alfredo disse a Salvatore, nel film Nuovo Cinema Paradiso: «Non farti fottere dalla nostalgia».

 

Lei ha guidato grandi compagne orchestrali, c’è un episodio particolare che ricorda con piacere e vorrebbe raccontarci?

Una volta, durante una prova, due professori d’orchestra, rappresentanti, rispettivamente, di due diverse sigle sindacali iniziarono a discutere animatamente. Chiamai subito la pausa in anticipo, così da placare gli animi. Al rientro, tra lo stupore di diversi musicisti, ripresi la prova senza dire una parola sull’accaduto. Arrivati alla fine dei giorni di prova, dopo la generale, ringraziai, come sempre, l’orchestra per la collaborazione ed il lavoro svolto insieme e gli augurai buon concerto, aggiungendo che, sarei stato felice se alla fine del concerto, prima di uscire dal palco, ogni musicista abbracciasse il proprio compagno di leggio, in segno di affetto e gratitudine, per aver fatto musica insieme (suonavamo la Terza Sinfonia di Beethoven, l’Eroica). Non solo mi accontentarono, ma la volta successiva che tornai a fare un concerto con loro, un professore mi disse: «Maestro, sa che da quella volta, alla fine di ogni concerto, continuiamo ad abbracciarci?». Naturalmente, ero strafelice… Spero non abbiano perso l’abitudine a causa del Covid!

 

Ha collaborato con numerosi artisti, c’è un artista, con cui vorrebbe collaborare?

Sì, il pianista polacco Kristian Zimmermann.

 

Ha un sogno o più sogni che vorrebbe realizzare in futuro?

Certamente, più di uno. Non posso svelarli perché, da buon siciliano, sono anche superstizioso, ma se non si sogna, non si va avanti ed io adoro il movimento!

 

Con quale colore vede dipinta la strada fatta finora e con quale colore dipingerebbe il suo percorso futuro?

Direi che ho vissuto nel blu e sogno un futuro azzurro… Caspita l’ho svelato! (fingendosi contrariato, sorride, ndr)

 

Vuole parlare di un argomento che le sta a cuore? Faccia conto di aver ricevuto una mia ipotetica domanda a tal proposito.

Vorrei parlare dell’importanza della musica per una società che ha la velleità di ritenersi evoluta. La musica, il teatro d’opera, ci parlano dei nostri sentimenti, ci fanno rivivere emozioni, che conoscevamo, conosciamo o alle quali semplicemente non sappiamo dare un nome. La musica ci insegna ad ascoltare, cioè a prestare attenzione, ci insegna che non si può essere politically correct nei suoi confronti, perchè gli elementi che compongono una frase musicale, non hanno tutti lo stesso peso specifico, non sono tutti uguali e, quindi, esiste una gerarchia, bisogna dare delle priorità per, poi, avere l’idea di un tutto. Ecco, questi per me sono dei concetti assolutamente fondamentali per la costruzione di una società non solo sana, ma veramente libera.

 

Un suo messaggio di speranza ai giovani che continuano ad amare l’Arte e si aggrappano alla Musica, in tempi così tanto incerti e difficili.

Studiate perchè il sapere, la conoscenza sono l’unica cosa che nessuno, mai, vi potrà togliere! Vi rende più autonomi nello sviluppo del vostro pensiero critico, ma senza abbandonare, mai, la curiosità, così da non essere solo quel che conosciamo, ma anche tutto quello che potremmo sapere, che è la forma più nobile di saggezza. Concludo citando il nostro amato Ludwig van Beethoven: «Bisogna fare tutto il bene possibile, amare la libertà sopra ogni cosa e non tradire mai la verità».

 

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