Cristiano De Andrè: “Scambiamoci un segno di pace”

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(di Stefania Bernacchia) Cristiano De Andrè si racconta in un’autobiografia tanto intesa quanto sofferta, e lo fa abbandonandosi al fiume dei ricordi che lo lega al passato, a quei momenti in cui si ritrovava con il padre Fabrizio e tutta la famiglia a guardare le stelle sotto il cielo della Gallura.

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Raggiungiamo Cristiano De Andrè nel patìo dell’albergo dove alloggia, nel cuore di Pietrasanta, a due passi dalla soleggiata Piazza del Duomo. E’ venuto per Non solo Anteprime a presentare il suo ultimo libro, La versione di C., scritto a due mani Giuseppe Cristaldi. Ci accoglie con un sorriso e per un momento, mentre fa cenno di sederci, sembra di avere davanti il padre Fabrizio. Il pensiero non può che andarci là, a Via del Campo, alle creuze di Genova, a Il Pescatore e Bocca di rosa. La somiglianza fra i due è sconcertante, tanto quanto lo è il timbro della voce, cupo e profondo: ‘sedetevi pure, venite, stiamo vicini così l’audio viene migliore’. Ci sediamo e iniziamo quella che più che un’intervista sarà una piacevole chiacchierata fra amici, un rimembrare ricordi di vita vissuta, una vita talvolta troppo travolgente per un ragazzino nato a Genova e cresciuto sulle spiagge della Gallura con una storia familiare da sempre sulle pagine dei giornali. I suoi occhi dicono molto di quel vissuto, ma sulle labbra non manca mai un sorriso tutto per noi.

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Cristiano, parliamo del tuo ultimo libro, La versione di C. . Chi è C.?

C. è il diminutivo di Cristiano, nomignolo datomi da mio padre (Fabrizio n.d.r.) che dopo otto anni di scuola dai preti, ha preferito non chiamarmi più con il nome intero. Sapete, lui era concettuale anche in questo! (sorride, aggiustandosi la frangia).

Di solito, quando si intervistano personaggi conosciuti figli di grandi artisti, mal volentieri si parla del passato e dei successi del genitore, per non sminuire l’operato dei figli. In questo caso però sei tu a parlare delle tue origini e della tua infanzia, del rapporto anche talvolta lontano fra te e tuo padre. Com’è stato raccontare quasi in versione freudiana il tuo rapporto con lui?

3118997Beh, diciamo che per un certo senso mi sono allenato a scrivere con la sinistra (sorride), cercando di vederlo più come compagno di scuola che come padre, provando a immedesimarmi in lui per capire quelli che sono stati i suoi problemi personali, i conflitti con mio nonno, Vicesindaco di Genova, con il fratello, grande avvocato della Montedison e braccio destro di Raul Gardini. Fin da giovane mio padre ha molto sofferto il fatto di non essere molto considerato in famiglia, la carriera del padre e del fratello avevano come messo un po’ in ombra la sua personalità, diciamo era un po’ considerato ‘la pecora nera della famiglia’. Ma fortunatamente un giorno è riuscito a prendere in mano una chitarra e dopo La canzone di Marinella e La guerra di Piero ecco che il De Andrè conosciuto, come per magia, divenne lui. Questo libro non parla però solo di mio padre, racconta anche di me, della mia vita e dei ricordi di famiglia, è un libro aperto che spiega, grazie a chi sono stato, chi sono diventato.

Hai da poco superato la soglia dei 50 anni. Arriva un momento nella vita in cui si deve fare i conti con il passato, in un certo senso chiedendogli perdono. Tu hai fatto pace con tuo padre e il tuo passato così burrascoso?

Sì, naturalmente, perdonarsi e perdonare credo sia l’unica via possibile per vivere una vita serena. (si gira e ci presenta il co-autore del libro, Giuseppe Cristaldi, seduto accanto a lui).de andre crisaldi

Negli ultimi concerti abbiamo percepito una completa osmosi con tuo padre, sia negli arrangiamenti che nella musica stessa. Ce lo confermi?

Sì, credo di aver preso da mio padre come un testimone, ho cercato di portare aventi l’eredità artistica facendo un’opera nell’opera, dando naturalmente il mio contributo personale, cercando di trasmettere questa eredità a più giovani possibile. Fortunatamente negli ultimi due album dal vivo De Andrè canta De Andrè ho riscontrato un vivo interesse da parte dei giovani per la musica d’autore, seppur il mio pubblico resti sempre molto eterogeneo, e questo mi ha permesso di portare la parola di mio padre un po’ a tutti.

 Dicci la verità, è stata un po’ una sofferenza scrivere questo libro?

Assolutamente sì. Sembra semplice parlare dei ricordi di una vita, pensi venga tutto da sé, ma non è così; il riaffiorare dei ricordi talvolta è anche sofferenza. Vero Giuseppe? (si gira per cercare conferma da Crisaldi che asserisce).

Adesso, dopo questa autobiografia fondata sul passato, devi scrivere del futuro!

(ride). Sì, sarebbe bello poter parlare anche del presente e del futuro ma quando si racconta il passato è molto più facile, non solo perché lo si è già vissuto, ma anche perché sappiamo qual è il modo di guardarlo: guardando le stelle. Questo bellissimo segreto me lo ha svelato mio padre, dicendomi fin da bambino che spesso le stelle sono così lontane che, seppur si siano spente ormai da moltissimi anni, la loro luce impiega così tanto tempo ad arrivare fino a noi che le vediamo ancora luminose brillare in cielo. Quindi quando guardiamo la volta celeste in realtà stiamo osservando il nostro passato.

E questo succedeva nelle sere estive trascorse nella tua amata Gallura. Che rapporto hai con questa terra, che purtroppo è stata anche protagonista di un brutto episodio per la vostra vita? (ricordiamo il rapimento di Fabrizio De Andrè e Dori Ghezzi avvenuto nell’agosto del 1979 proprio in terra sarda, narrato poi dal cantautore in maniera molto poetica in Hotel Supramonte).

Penso che se hai un posto nel cuore, niente e nessuno potrà mai togliertelo, nemmeno un episodio di quella portata. La Gallura per me è amore, bellezza, stupore. Inoltre voglio ricordare che il sequestro di mio padre è stato organizzato da un veterinario di Livorno, per cui alla fine la Sardegna è stata solo protagonista in quanto luogo dove è successo il fatto.IMG_0477

Tuo padre ti ha detto solo due volte di essere fiero di te. La prima fu quando pescasti il famoso dentice in Liguria, a Portobello , la seconda quando arrivasti secondo al Festival di Sanremo del 1993. E’ così?

Sì, ma fortunatamente ho avuto altre occasioni per renderlo orgoglioso di me, prima fra tutti quando, dopo anni di insistenza da parte sua, ho suonato Zirichiltaggia durante un concerto a Roma. Mentre la stavo suonando ho guardato mio padre negli occhi e in quel momento ho capito che era fiero di me.

Tornando alla tua musica, il 24 giugno partirà il tuo nuovo tour.

Sarà una tournèe del tutto nuova, con una nuova scenografia e nuove sonorità, 18 brani nuovi fra cui una versione de La guerra di Piero. Sarà un bel modo per ritrovarsi e scambiarci un segno di pace perché tutti noi abbiamo bisogno di questo, di fare pace gli uni con gli altri andando contro coloro che ci vogliono divisi. E’ l’unico modo per vivere serenamente la nostra vita e tornare ad essere più intelligenti e illuminati, come forse eravamo un tempo, negli anni ’70.

Dunque del mondo di oggi, concentrato sui talent e sui reality show, forse è meglio se non ti chiediamo niente…

Ma no, recentemente sono stato invitato ad Amici da Maria de Filippi e ho suonato Bocca di Rosa con Emma. E’ stata una bella esperienza musicale, non lo nego, ma vi confesso che nei giorni successivi sono stato inondato da messaggi de andredi sdegno e disapprovazione da parte dei miei fan.

Evidentemente il messaggio di mio padre è arrivato fino a lì (i suoi occhi guardano lontano..)

Salutiamo Cristiano con un bel sorriso e un bicchiere di vino bianco, brindando ai ricordi di un passato difficile da ricordare ma sicuramente meraviglioso da raccontare.

 

 

Per TGmusic.it: Stefania Bernacchia

Per Radio Versilia: Michele Piccoli

 

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