ALMA, la rigenerazione della vita a Cannes.

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di Francesca Pellegrino

Con il trionfo del film Triangle of Sadness del regista svedese Ruben Östlun, vincitore della Palma d’Oro, si conclude la settantacinquesima edizione del Festival del Cinema di Cannes. Un’edizione importante e particolarmente significativa non solo per la qualità artistica dei suoi contenuti, ma anche e soprattutto per il valore che ha assunto nei termini di una “ripartenza” culturale collettiva, necessariamente concreta, successiva al lockdown pandemico degli ultimi due anni.
Se il cinema è di per sé uno strumento di aggregazione, riflessione e dibattito – il luogo di una magica comunione di sguardi e pensieri sul mondo – ogni evento volto alla sua promozione diviene, pertanto, un’occasione straordinaria di scoperta, ricerca e conoscenza.

In questa prospettiva, il Festival francese ha dato un impulso notevole alla ridefinizione di uno spazio inedito di scambio e condivisione, ed ha reso possibile, contemporaneamente alla divulgazione prioritaria delle opere selezionate per le sezioni di concorso, l’affermazione di idee e progetti nascenti di risonanza minore. Oltre a farsi vetrina per le grandi produzioni internazionali, esso ha consentito, dunque, diverse iniziative collaterali, presentazioni e conferenze stampa, finalizzate al riconoscimento di realtà produttive “piccole”, nonché del loro potenziale e della loro identità già forte e chiara.
È il caso, per esempio, di Alma, un  prodotto in cantiere con cui N6 Production (società di produzione toscana guidata dalle giovanissime Margherita Malena e Arianna Pera) fa il suo ingresso nel mercato cinematografico nazionale e non.
Alma è un cortometraggio d’autore della durata di 15 minuti, iniziazione alla regia per  Camilla Cattabriga, classe ’95, e adattamento del libro autobiografico Alma: il dolore agile della scrittrice toscana Ilaria Maria D’Urbano che, insieme a Viola Ledda, ne ha firmato la sceneggiatura.
Un film di respiro ampio, che si avvale tanto della solidità della storia preesistente, quanto dell’esperienza vigorosa dei professionisti pluripremiati chiamati ad affiancare la nuova generazione di cineasti (dal montatore Marco Spoletini allo scenografo Marco Dentici, e ancora il cantautore Giovanni Caccamo e il make-up artist Vittorio Sodano), nell’obiettivo di trasporre in immagini il senso di un sentire comune.

La storia narra di un percorso esistenziale complesso, di un arco di trasformazione catartico che, fondandosi sul coraggioso atto di attraversare e superare prove e difficoltà imposte, culmina nella crescita e nella conquista di una matura e saggia consapevolezza. La protagonista del titolo è una bambina che diventa ragazza e poi donna in un intreccio di materia e spiritualità. Il corpo e lo sguardo del personaggio costituiscono il centro focale del racconto, restituendo pienamente allo spettatore l’intensità di un dolore e il peso di una rinascita privati e tuttavia universali.
La narrazione, tenera e malinconica, si snoda in un’alternanza di visioni, sogni, flashback, elementi rituali e simbolici, che si accompagnano a momenti di bucolica vita familiare, nell’intenzione di raccontare la sofferenza non come un’esperienza negativa, fine a se stessa, bensì sempre funzionale alla rivoluzione salvifica, alla rigenerazione della vita.
Nel panorama cinematografico contemporaneo, Alma si configura perciò come una proposta valida che non passa inosservata. Un lavoro promettente sul quale scommettere, sì tematicamente affine a tanti recenti progetti autoriali italiani – incentrati, in egual misura, sul dramma intimo di “eroi” caduti ed “eroine” fragili che si mettono in viaggio e muoiono per tornare a vivere – ma, al contempo, custode di un’estetica propria e potente, capace di aggiungere, di dire a suo modo qualcos’altro, di costruire un micro-universo narrativo sinora inesplorato.

Il film ha già vinto il bando della Regione Campania, sarà girato a Marina di Camerota e ha già come partner  la Stemo Production,  che da anni si fa notare per film di buona qualità.

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