Il Maestro nella didattica. Intervista a Giacomo Pellegrino.

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TGmusic.it ha voluto dedicare uno spazio al Maestro Giacomo Pellegrino, pianista concertista e grande didatta italiano, riguardo la didattica musicale, con un’analisi approfondita di chi ha impiegato tutta la sua vita nella formazione di giovani pianisti. Lui ha infatti formato importanti pianisti italiani che oggi calcano palcoscenici internazionali.

Giacomo Pellegrino, l’allievo Lorenzo Stasi e Marcella Crudeli

Vicepresidente nazionale dell’Associazione Nazionale Docenti, Giacomo Pellegrino si è diplomato in pianoforte al Conservatorio di musica di Cosenza con il massimo dei voti e la lode. Si è successivamente perfezionato per diversi anni con Lethea Cifarelli ( allieva di Edwin Fisher) e nei corsi della Scuola Superiore Pianistica “S.Rachmaninov – Ex U.R.S.S. – . L’attività concertistica da solista, in formazioni da camera e con orchestra, lo ha portato a suonare, oltre che nelle principali città italiane, in U.R.S.S. Associazione Musicale Moscovita, Università di Leningrado, Casa Museo R.Korsakov,…), in Brasile (Conservatorio di Santos, Teatro Municipale di Santos, Teatro Municipale di Porto Alegre …), In Austria. “Lucidità musicale,bel suono,grandi doti interpretative”,erano alcune critiche riportate nei maggiori giornali. Interessato alla composizione ed alla direzione d’orchestra, ha studiato, rispettivamente con il M° B.Porena al Conservatorio “S.Cecilia” in Roma e con il M° P. Bellugi. Attualmente è ordinario della cattedra di Pianoforte Principale presso il conservatorio “S.Giacomantonio”di Cosenza.

 

È un piacere Maestro poter scambiare due chiacchiere con lei. Iniziamo dalla prima domanda: la sua carriera da concertista lo ha portato spesso all’estero su importanti palcoscenici. Ci racconti l’esperienza più importante con se stesso e con il pubblico?

Tra i diversi Paesi esteri in cui ho svolto attività concertistica, l’ esperienza più importante e gratificante fu, senza dubbio, quella avuta nella ex URSS molti anni fa.
I primi anni 90 in Russia erano anni in cui la realtà politico/sociale era molto diversa da quella attuale. Svolgere attività concertistica in quel Paese o semplicemente studiarci era molto complicato.
Avevo seguito gia’ un corso di perfezionamento pianistico con dei professori del Conservatorio di Mosca e, dopo qualche mese, venni invitato per una serie di concerti che mi impegnarono a Mosca e Leningrado (oggi San Pietroburgo).
Le cose che più mi rimasero impresse nella memoria da quella tournée furono due: innanzitutto il valore e il rispetto che il popolo russo attribuisce alla musica. In una ventina di giorni di permanenza ebbi il privilegio di frequentare il Conservatorio di Mosca e pure quello di Leningrado e qui, nel “tempio” dell’ alta formazione, ho potuto constatare il grande valore che le istituzioni russe danno alla musica. Un’altro aspetto che mi colpì fu il rapporto che si crea tra il pubblico e l’ esecutore.
Feci in tutto sei o sette concerti e già al primo capii la simbiosi che si crea tra il musicista e il pubblico russo. Appena iniziai il concerto la sala con centinaia di spettatori piombo’ in un silenzio totale, come se in quella sala ci fossi solo io. Quella impressione , in quegli istanti, mi lasciò perplesso, frastornato.
Ero abituato ai colpi ti tosse delle sale italiane, al mormorio e a volte pure al fruscio delle carte delle caramelle.
Ecco, questo silenzio che lì era consuetudine, forma di rispetto, difficilmente si trova negli altri paesi.

 

Ha insegnato in vari conservatori italiani per poi fermarsi a Cosenza. Secondo lei, quali sono gli obiettivi che un’istituzione musicale deve ambire?

Ho insegnato in diversi conservatori avendo avuto la fortuna e il privilegio di essere stato immesso nei ruoli in ben tre insegnamenti. In anni diversi quindi ho insegnato Lettura della Partitura, Pianoforte Complementare e Pianoforte Principale.
La prima materia per concorso a soli titoli e le altre due per esami e titoli.
Dall’ A.A. 2000/01 sono titolare della cattedra di pianoforte principale a Cosenza. Nelle diverse esperienze didattiche e anche di gestione in più Conservatori (ho ricoperto gli incarichi di Vice Direzione, componente in Consiglio Accademico, componente il Consiglio di Amministrazione, componente il Nucleo di Valutazione, componente delle RSU) mi sono fatto alcune opinioni sulla “mission” che il Conservatorio, oggi, dovrebbe perseguire.
Da circa venti/trenta anni a questa parte, il sistema dell’ alta formazione musicale è profondamente cambiato, sia dal punto didattico/organizzativo che da quello degli sbocchi occupazionali.
Se fino a qualche anno fa l’ ultima boccata di ossigeno per i diplomati era rappresentata dalle SMI e da orchestre ancora in attività, oggi le possibilità lavorative nell’ insegnamento, nelle orchestre e nel concertismo si sono ridotte.
A mio avviso il primo obiettivo a cui una Istituzione di Alta Formazione deve ambire è quello dell’ alto profilo qualitativo dell’ offerta formativa.
Le occasioni di valorizzazione offerte agli allievi da Enti e Associazioni musicali, come ho già detto, sono poche e il Conservatorio dovrebbe adoperarsi per sopperire a questo handicap offrendo agli studenti maggiori opportunità. È proprio in questa direzione che si sta indirizzando il Conservatorio di Cosenza guidato dal neo eletto Direttore M° Francesco Perri. Insieme agli organi preposti si sta creando un circolo virtuoso, una “filiera” che ha l’ ambizione di accompagnare gli allievi dalla formazione, che è la missione principale, ad una serie di occasioni di attività per poi sfociare in opportunità occupazionali.

 

Cos’è per lei la didattica pianistica? Quali sono i suoi scopi?

Parlare di didattica pianistica in poche righe sarebbe cosa ardua e pretenziosa.
Quello che posso dire, in generale, è che una didattica pianistica in assoluto, unica, non esiste. Per rendere il concetto faccio un esempio. Vincenzo Scaramuzza, il Maestro di grandi pianisti come Martha Argeric, Gelber, Zadra (per citarne solo alcuni) non sedeva mai davanti al pianoforte durante le sue lezioni mentre altri Maestri pretendono dagli allievi che si debba interpretare il repertorio partendo dalle proprie personali interpretazioni.
La didattica pianistica, fondamentalmente deve seguire un percorso che attraversa una serie di interventi che possono funzionare al meglio considerando sempre la personalità degli allievi che, cosa da non dimenticare mai, è diversa l’una dall’ altra.
Lo scopo principale di una buona didattica deve essere quello di rendere, il più presto possibile, l’allievo autonomo tecnicamente e musicalmente.
È un lungo e faticoso processo (soprattutto per l’allievo) che si sviluppa facendo coltivare costantemente il senso critico su quello che si sta studiando riducendo al massimo i condizionamenti che il Maestro, involontariamente (ma molte volte volontariamente), trasmette all’allievo. La musica è polivalente, non c’è un’ unica interpretazione possibile.
Per percorrere questa via maestra è fondamentale avere a disposizione diverse caratteristiche e qualità tra le quali: intelligenza dell’allievo, predisposizione musicale, un carattere forte e volenteroso, fiducia in sé stesso e nei consigli dell’ insegnante.

 

La sua carriera didattica ha portato frutti importanti nel pianismo italiano. Quali sono le sue idee e quali consigli può dare ad un pianista che vuole fare della musica la sua vita?

Sono diversi anni che mi sono dedicato prevalentemente alla didattica e, come dicevo, è da poco più di venti anni che insegno pianoforte a Cosenza.
Un periodo relativamente limitato se si considera che sono circa ottanta i primi premi conquistati dagli allievi in concorsi pianistici nazionali e internazionali.
Confesso che ho una particolare predilezione verso la didattica, e gli allievi più meritevoli li seguo anche nella loro carriera e quasi sempre li accompagno nei loro concerti che tengono pure all’estero.
Emergere e costruirsi oggi una carriera concertistica non è una impresa facile.
Il mondo musicale, oggi, si è enormemente globalizzato tanto che le piattaforme musicali offrono una miriade di esecuzioni spesso molto belle e interessanti.
Da un lato ci sono dei giovani pianisti (anche Cinesi, Giapponesi) e dall’altro lato le occasioni per svolgere attività concertistica stanno diminuendo sempre di più.
Tralasciando volutamente le considerazioni che si potrebbero fare sulle “dimenticanze” politiche e governative che da tanti anni stanno mettendo in ginocchio la musica classica e l’ arte in genere, diventa arduo nello scenario attuale dare consigli a chi vuole fare della musica la propria vita.
Quello che mi sento di dire ad un giovane musicista che vuole fare della musica un percorso di vita è che deve essere una scelta da fare il più presto possibile e avere la consapevolezza che si dovranno sacrificare diversi altri interessi.
Il grande pianista A. B. Michelangeli diceva che per essere un pianista bisogna avere uno spirito di sacrificio inimmaginabile.
È anche vero che non tutti possono diventare come il sommo pianista italiano ma nella sua frase c’è lo spirito che deve animare un giovane musicista. Altra cosa pure importante è avere alle spalle una buona scuola ed in questo, in Italia, fortunatamente siamo messi bene.
Sembrerà strano ma i Conservatori italiani (ma anche alcune Accademie) sono tra i più ambiti dagli studenti stranieri. La patria dell’opera lirica e del primo teatro d’Europa, dei grandi musicisti che già dal XVIII sec. erano in giro per tutto il mondo, nonostante le difficoltà attuali di cui parlavo, ancora una volta si distingue nel mondo grazie al prestigioso lavoro di molti musicisti che nel sistema dell’Alta Formazione Artistica e Musicale dedicano la loro preziosa opera.

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