I Placebo a Milano: una passione ricambiata con il sentimento

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Forse in pochi, tra i fortunati presenti alla tappa milanese dell’”Outside tour” l’8 febbraio 1996 al Palatrussardi, avrebbero scommesso sul gruppo chiamato ad aprire gli spettacoli di David Bowie, in sostituzione del dimissionario Morrissey. Vent’anni dopo quei primi importantissimi passi, i Placebo, oltre ad aver dimostrato fin da subito di avere un folto pelo sullo stomaco per affrontare le prove più dure – Festival di Sanremo compreso – hanno deciso di riavvolgere il nastro per festeggiare con il proprio pubblico le tappe di una carriera fitta di demoni da esorcizzare, sfrontatezza e successi di prim’ordine.

Dopo la falsa partenza del “20 years world tour” ad Aarhus in Danimarca, con lo spettacolo chiuso dopo soli due brani per un mai troppo chiarito problema, le successive esibizioni europee avevano raccolto commenti positivi, raccontando di una formazione in forma perfetta. C’è una certa attesa quindi all’appuntamento con il pubblico italiano al Forum di Assago per Brian Molko e Stefan Olsdal, contitolari del marchio Placebo, dopo la defezione del batterista Steve Hewitt prima e del suo sostituto Steve Forrest poi, arrivati al ventesimo show del tour per il ventennale. Insomma, un compleanno nel compleanno.

Dagli amplificatori sono le note di “Every you every me” a richiamare l’attenzione. Il palco è ancora vuoto, ma gli schermi proiettano frammenti di vecchi video, riprese dal vivo e materiale di backstage in un riepilogo accelerato della storia del gruppo, con le date degli anni che si susseguono velocemente fino a fermarsi al 2016 e la backing band già pronta sul palco. Arriva “Pure morning”, ancora un boato dei presenti, e lo spettacolo entra subito nel vivo, tenendo fede alle promesse. Molko in più di un’intervista aveva infatti dichiarato di non amare particolarmente i successi più commerciali della sua compagine e detestare di suonarli dal vivo, ma che in questo tour di festa avrebbero trovato spazio tutti i cavalli di battaglia dei Placebo, così da premiare la pazienza dei fan che non ascoltavano brani come “Nancy Boy” da più di dieci anni. Un’occasione rara, se non unica, quindi per il pubblico di Milano che risponde fin dalle prime note, sparate a tutta carica, con incontenibile entusiasmo.

Il carismatico frontman reagisce empaticamente al calore trasmessogli, dirigendo uno spettacolo tiratissimo in cui sono rappresentate tutte le facce della sua musica. La scaletta è la stessa già proposta nelle precedenti tappe del tour e non presenta nessuna variazione, ma la band è davvero in serata e dimostra di godere con l’intero Forum del proprio repertorio. Molko ha voglia di comunicare e si rivela un intrattenitore pungente: parla a ruota libera degli effetti catastrofici dei danni ambientali – prendendo il discorso molto alla lontana, dalla super-Luna di questi giorni – e, ancora, dell’uso selvaggio degli smartphone. E’ visibilmente diverso dal ragazzo androgino dei primi tempi, ora è un rocker dall’aspetto più simile al banchiere che sarebbe potuto essere, un quarantaquattrenne leggermente imbolsito e con un taglio di capelli piuttosto squadrato, ma ancora capace di combattere i propri fantasmi con la stessa rabbia degli esordi. Si emoziona quando canta delle sue malinconie, in “Without you I’m nothing” gli schermi ci offrono le immagini della collaborazione dell’allora terzetto con Bowie – uno dei momenti più intensi della serata – salutato con un “Grazie David” dai due Placebo rimasti. Su “Lady of the flowers” Molko sembra commuoversi ma non dà tempo alla tristezza di farsi largo, perché, a suo dire, in ogni festa che si rispetti bisogna divertirsi. E così la conclusione non può che essere un’incredibile rincorsa fino all’esplosione finale, con “Special K”, “A song to say goodbye” e “The bitter end”.

Poi, dopo il consueto rito dei bis, chiuso da una epica “Infra-red”, un’altra entrata in scena con la cover di Kate Bush “Running up that hill” e quindi il finale, catartico e liberatorio, con il duo che si concede fisicamente al pubblico mentre gli amplificatori diffondono in loop i feedback delle pedaliere. Promettono di ritornare presto nel nostro Paese, e in effetti dovremmo fidarci. Il pubblico italiano ha trasmesso come sempre amore e devozione per i Placebo. Passione perfettamente ricambiata, ancora una volta con sentimento.
Fonte: Rockol

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