Il covid-19 come cartina tornasole della condizione del musicista e performers nel XXI secolo. Un mondo senza performer, un mondo senza energia.

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Abbiamo voluto lasciare spazio per questo editoriale, che riflette il pensiero della redazione e della Direzione di TGmusic.it, alla nostra redattrice Valentina Ciardelli.

Sono Valentina Ciardelli, contrabbassista e compositrice della provincia di Lucca che da anni vive e lavora nella capitale del Regno Unito, Londra. La mia grande passione per la musica cameristica e solistica mi ha portata con fatica, da musicista freelance e senza un agente alle spalle, ad essere manager di me stessa, segretaria, PR, giornalista, musicista, coach, organizzatrice di viaggi e commercialista. Cosa che suonerà familiare a chi fa questo lavoro ma che i non addetti ai lavori, i politici, i potenziali investitori e fruitori della musica probabilmente non sanno.

I musicisti sono narratori, attori, maghi, poeti che riescono a smuovere, attraverso il rituale della performance, le emozioni più nascoste delle persone. Nella sala da concerto, in un pub, in un teatro siamo individui che scambiano e condividono un’energia legata alle emozioni.  Alla base dell’esistenza di ogni essere umano ci sono le emozioni, senza cessiamo di essere.

La musica ha enfatizzato l’energia che ha portato popoli, etnie, minoranze a tenere duro anche in situazioni di oppressione terribile. Basti pensare alla segregazione raziale americana e a come gli schiavi si siano fatti forza per secoli soprattutto attraverso la preghiera cantata e performata.

Nello sviluppo culturale, economico e sociale di un paese la musica è sempre stata fondamentale. Un esempio calzante a livello di impatto sociale è l’operato di grandissimi compositori come Vivaldi e Paisiello che attraverso la loro arte negli ospedali femminili (orfanatrofi) del Settecento contribuirono non poco all’emancipazione artistica (uno fra tanti il ruolo delle cantanti d’opera) e di conseguenza, nel tempo, sociale del ruolo della donna. L’emancipazione dei musicisti, nel 21esimo secolo è, non solo necessaria, ma doverosa in un’ottica di rispetto, mantenimento e progresso della cultura.

La pandemia ha portato alla luce del sole la scarsa considerazione verso la cultura e le arti performative relegandole alle ultime della lista in quanto a supporto governativo.  E se i teatri e i dipendenti di grandi enti ne sentono il giogo pesante che pressa spietatamente sui loro colli (basti vedere come sono messe in ginocchio grandissime realtà italiane e internazionali), i musicisti Freelancer hanno avuto, tranne che in pochi casi, la sferzata quasi mortale.  Ci stiamo confrontando con un’emergenza sanitaria del tutto nuova e su alcuni aspetti ancora poco chiara.  È una problematica che tocca il mondo intero, ma la musica è uno dei settori più gravemente impattati. Chi amministra, oltre a sottovalutare la materia artistica e performativa, pare non sia cosciente del valore e necessità di fruizione dell’arte da parte dei cittadini, rischiando, con tale approccio, di portare alla conclusione che essa sia destinata ad una componente elitaria della società e non accessibile a tutti. L’arte diventerà un Tabù se non ci muoviamo ad adottare soluzioni concrete, perdendo l’energia vitale che la contraddistingue.

In questo momento storico, così come altri colleghi, colgo la visione di un’occasione per muovere un primo passo verso la valorizzazione e l’utilizzo della musica in funzione di creare e energizzare forza nella società che sta vivendo una grande depressione sanitaria e economica.

Dare le basilari facilitazioni ai musicisti e a chi organizza eventi per tentare di ricominciare a mettere in pratica la loro vitale e importante sinergia è ciò che socialmente è necessario anche se sembra, ad oggi, superfluo.

E’ importante dare delle facilitazioni ai musicisti e a chi organizza eventi, così come ne sono state date altre ad-hoc alle imprese di diversi settori come ad esempio quello manifatturiero. Il diritto a viaggiare anche in una situazione di pandemia avendo esenzioni da quarantene e accesso a tamponi celeri; l’eliminazione o alleggerimento, anche temporaneo, di alcune tassazioni sulle performances; agevolare e snellire i processi organizzativi musicali che andrebbero a contribuire in maniera concreta e estremamente efficace a dare una spinta per far ripartire gli spettacoli dal vivo.

Infine, l’inserimento dell’educazione musicale e artistica in tutte le scuole dalle primarie e secondarie, l’introduzione di corsi adeguati di self-management per musicisti nei conservatori e licei e una legge sulla tutela dei lavoratori dello spettacolo sarebbero cose necessarie per coronare questo viaggio di valorizzazione.

 

“Senza deviazione dalla norma, il progresso non è possibile”. – F. Zappa

 

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