Il “Duo Pianistico di Padova”. Intervista a Leonora Armellini e Mattia Ometto.

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di Chiara Silvestre

Aprendo su TGmusic.it uno spazio dedicato al duo pianistico, sono lieta di presentare l’intervista fatta a Leonora Armellini e Mattia Ometto, i due giovani pianisti padovani noti per essersi esibiti sui più importanti palchi del mondo e che si sono guadagnati un posto nella scena musicale internazionale. Il loro debutto discografico come Duo Pianistico di Padova avviene nel 2018, con l’incisione della musica per due pianoforti di Brahms per l’etichetta Da Vinci Classics, mentre per la Brilliant Classics pubblicano nel 2020 il loro secondo disco, dedicato a musiche per due pianoforti e orchestra di Poulenc e Britten, e per pianoforte a quattro mani di Debussy. L’album è il frutto della registrazione del concerto tenutosi il 21 settembre 2018 presso l’Auditorium Pollini di Padova in occasione del Festival Cristofori, con l’Orchestra Di Padova e del Veneto, diretta dal Maestro Luigi Piovano.

 

In questo ultimo disco possiamo ascoltare musica generalmente poco eseguita, soprattutto la Scottish Ballad di Britten e la trascrizione originale della Première Suite D’Orchestre di Debussy. Cosa vi ha indotti alla scelta di questo repertorio?

Leonora: “I brani eseguiti con l’orchestra ci sono stati proposti dagli organizzatori del festival, incentrato sul tema del popolare, con il quale questi pezzi calzavano a pennello. Per quanto riguarda la suite a quattro mani, invece, cercavamo qualcosa di coerente col resto del programma e possibilmente che fosse stato finora raramente suonato; così ci siamo messi a cercare tra tanti spartiti e frugando nella ricca biblioteca musicale di mia madre abbiamo per puro caso trovato questo brano che non conoscevamo!”

Mattia: “Si, in effetti siamo stati fortunati a trovarcela tra le mani, poiché si tratta quasi di un “semi-inedito”, dato che è stata scoperta e pubblicata poco più di 10 anni fa ed ancora poco esplorata. Del resto, oltre ad avere questa suite una grande alchimia con il resto del programma, il mercato discografico attuale predilige spesso i brani poco noti dei grandi autori, e quando l’abbiamo proposta è stata subito ben accetta.”

 

Questo disco nasce dalla registrazione in live di un concerto, con tanto di scroscianti applausi finali da parte del pubblico. Come è stato incidere con questa modalità, lontani dal silenzio e dalla glacialità di uno studio di registrazione? E quanto ciò ha influito emotivamente sull’esecuzione?

Mattia: “In realtà la registrazione è nata in maniera del tutto casuale, in quanto pochi giorni prima del concerto mi sono ritrovato per combinazione a parlare con il direttore artistico dell’etichetta e così gli ho chiesto se gli interessasse il progetto. Mi ha risposto di sì e che, se il risultato finale fosse stato soddisfacente sia da un punto di vista musicale che tecnico, il tutto sarebbe stato pubblicato; dunque il fatto che l’utilizzo della registrazione più che programmato fosse “eventuale” ci ha scrollato via un bel po’ di tensione. Inoltre abbiamo suonato immersi in una bellissima atmosfera, supportati da compagni d’avventura eccezionali come il Maestro Luigi Piovano e l’Orchestra di Padova e del Veneto, perché la presenza del pubblico ha conferito tanta adrenalina all’esecuzione, che nell’asetticità dello studio non è facile trovare.”

Leonora: “Posso dire che a lavare via la tensione dell’incisione è stata proprio la presenza del pubblico. In generale suonare per qualcuno che è lì apposta per me mi carica e mi spinge a voler dare solo il meglio, non mi importa null’altro, e ciò mi fa dimenticare la paura dell’errore o dell’imprevisto che invece nelle registrazioni in studio o nelle performance in streaming (dove il pubblico non posso vederlo) spesso si fa sentire, e la situazione pandemica che stiamo vivendo ce lo sta svelando più che mai. Anche il pensiero che il concerto sarebbe stato pubblicato se fosse ben riuscito è stato motivante, poiché desideravamo che così andasse.”

 

Tornando a parlare di repertorio, quanto è importante secondo voi al giorno d’oggi puntare alla proposta di musica ancora poco esplorata?

Mattia: “Teniamo molto a questo argomento. Sicuramente i grandi capolavori della musica vanno sempre proposti al pubblico, ma ritengo sia essenziale per qualunque musicista del presente riservare una parte della propria attività alla scoperta di repertorio ancora poco battuto, ma non per questo privo di grande valore. Io la vedo come una vera e propria missione. E poi è fondamentale differenziare l’offerta: oggi la discografia si orienta sempre più verso la produzione di musica poco conosciuta, dei grandi autori e non, quindi un artista che voglia ritagliarsi un proprio spazio sul mercato fa bene a puntare in questa direzione.”

Leonora: “Inoltre anche io, da fruitrice di musica oltre che da musicista, mi sento spesso più attratta da un prodotto nuovo piuttosto che da qualcosa che viene proposto sempre e da sempre.”

Leonora e Mattia: “In fase di formazione è imprescindibile lo studio dei capisaldi della musica classica, ma riteniamo che sia anche giusto coltivare il piacere della ricerca, affinché i giovani musicisti possano trovare lo stile ed il repertorio a loro più congeniale, sul quale costruire in futuro la propria carriera. Spesso capita di incontrare musicisti costretti in programmi non molto adatti a loro, ma spinti verso quelli solo perché di moda, perché richiesti. Non sempre andare sul “popolare” è una mossa vincente, e conoscere e studiare tanta musica diversa aiuta a comprendere quale sia la scelta migliore per ciascuno di noi.”

 

Qual è il vostro concetto di duo pianistico?

Mattia e Leonora: “Molto spesso ci si imbatte nella fuorviante idea che il duo ideale sia formato da pianisti che suonino nello stesso mondo, che si uniformino nella concezione musicale e che diventino una sola indistinguibile cosa, senza mantenere la propria individualità come invece avviene nei duo formati da strumenti diversi. Noi siamo pianisti molto diversi, con due percorsi di studio alle spalle assolutamente dissimili, che però insieme funzioniamo, pur mantenendo la nostra personalità e senza che nessuno soccomba mai all’altro. Io credo che la nostra diversità costituisca un arricchimento…e per fortuna non facciamo mai a botte!”

 

Da quanto tempo suonate insieme? E come è nato il vostro duo pianistico?

Mattia: “Circa quattro anni. Diciamo che il nostro duo è nato abbastanza spontaneamente: conoscendoci già da tempo ci eravamo più volte ripetuti che sarebbe stato bello provare a suonare insieme, finché non ci è capitata l’occasione di tenere un concerto in duo proprio nella nostra Padova, al che ci siamo decisi ad iniziare…ed abbiamo continuato!”

Leonora: “Il fatto che fossimo amici già da parecchio e che spesso ci fossimo ascoltati l’un l’altra ci ha dato modo di conoscerci musicalmente ancor prima di formare il duo, sia a livello tecnico che intellettuale, per cui metterci ai due pianoforti è stato davvero naturale.”

 

Preferite suonare a quattro mani o a due pianoforti? E quale delle due formazioni credete possa essere più ostica?

Mattia e Leonora all’unisono: “Preferiamo i due pianoforti!! E crediamo che il quattro mani riservi maggiori criticità tra le due.”

Leonora: “Sicuramente entrambe le formazioni comportano svariate difficoltà. Nel due pianoforti mi viene in mente innanzitutto la difficoltà di coordinazione maggiorata dalla distanza fisica tra i due pianisti che, oltre ad ascoltarsi, possono capirsi solo con l’ausilio di fugaci sguardi e del movimento delle sopracciglia, ma il quattro mani prevede un’enorme difficoltà, ad esempio, per quanto riguarda l’uso del pedale di risonanza, che avviene da parte di uno solo dei due musicisti e che pertanto deve tener conto della parte di entrambi; inoltre sono inevitabili difficoltà che scaturiscono dalla posizione fisica molto scomoda e decentrata che la scrittura di alcuni pezzi costringe ad assumere, che invece nel due pianoforti non si presentano.

Mattia: “Riguardo le difficoltà del quattro mani aggiungo che spesso il pianista che esegue la parte del primo (ossia quella al registro acuto) è costretto a reinventarsi, in un certo senso. Già il fatto che manchi il pedale sotto il piede spinge l’esecutore a sviluppare una particolare attenzione al legato ed a determinate esigenze tecniche che quando si suona da soli non si avvertono. Insomma, più volte mi è capitato di dover fare uno studio “a parte” per il quattro mani, sia per la parte del primo che del secondo, poiché mi sembrava di dover suonare in una maniera completamente diversa rispetto a ciò che siamo abituati a fare da solisti o a due pianoforti.

 

Raccontateci qualche aneddoto divertente sulle vostre prove.

Leonora: “La prima cosa buffa che mi viene in mente è che nella prima pausa di ogni prova spesso ci troviamo a chiederci “Ma stasera andiamo al sushi?”! Anzi, a volte fissiamo le prove per poter andare al ristorante giapponese la sera…è imprescindibile per la buona riuscita della prova!”

Mattia: “Anzi, a volte ancor prima di iniziare a provare ce lo chiediamo…. È per noi l’equivalente degli spinaci per Braccio Di Ferro!

 

Diciamocelo, spesso il duo pianistico lascia parecchio spazio alla fantasia del pubblico. Quante volte vi è capitato di essere scambiati per fidanzati?

Mattia: “Sotto questo punto di vista il fatto di essere visti di frequente insieme è la nostra condanna. Approfittiamo quindi di questa intervista per deludere definitivamente i nostri ammiratori: NON SIAMO FIDANZATI!”

Leonora: “Esattamente! Siamo molto amici e ci vogliamo molto bene, ma non c’è nessuna grande storia d’amore tra noi!”

Mattia: “C’è da dire però che noi non facciamo nulla per scoraggiare le fantasie poiché, insegnando anche nello stesso conservatorio, abbiamo aule adiacenti e spesso ci troviamo l’uno nella classe dell’altra, quindi tutti ci danno per fidanzati!”

Leonora: “Il fatto è che l’immagine del duo cameristico viene spesso romanzata. Io sono una gran sostenitrice del pensiero che per suonare bene insieme debba esserci una certa intesa, il feeling umano facilita il lavoro, ma a prescindere dalla relazione che lega i due musicisti. Anzi, personalmente posso affermare che io ho sempre preferito tenere la mia vita sentimentale separata da quella professionale.”

 

Tornando infine alla vostra attività musicale, possiamo aspettarci futuri progetti sulla scia del vostro ultimo disco, e soprattutto all’insegna di repertorio ancora poco eseguito?

Leonora: “A livello discografico attualmente non abbiamo nulla che bolle in pentola, ma per quanto riguarda la scelta di repertorio poco esplorato assolutamente sì, trovo sia una cosa estremamente bella e stimolante e sicuramente continueremo su questa strada.”

Mattia: “Concordo. Purtroppo anche noi quest’anno, come molti, a causa dell’emergenza covid abbiamo perso parecchi treni, ma abbiamo già alcune cose programmate per l’estate prossima che speriamo possano aver luogo. Per quanto riguarda l’attività discografica lasceremo passare un po’ di tempo prima di focalizzarci su qualche nuova produzione.”

 

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