Arvo Pärt e i tintinnabuli di “Für Alina” dopo il suo silenzioso inverno.

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di Smeralda Nunnari

«…Concentrarsi su ogni singolo suono, così ogni filo d’erba sarà importante come un fiore. Bisogna vedere in queste piccole frasi qualcosa di più che solamente i tasti bianchi e neri.» (Arvo Pärt)

La musica di Arvo Pärt, esponente di rilievo dell’avanguardia musicale sovietica, nel 1968 attira le critiche e le ire della censura. Vive momenti difficili sotto il giogo del governo estone, in cui le sue esecuzioni venivano disertate e le sue incursioni dall’altro lato del muro di Berlino non vengono benviste. Nel 1980 fugge a Vienna insieme alla moglie e i figli dove viene accolto da amici ed estimatori della sua musica.

Inizia per il compositore un lungo periodo di silenzio, in cui avverte che la sua adesione totale alla serialità post-weberniana lo sta trascinando in un vicolo cieco. Approfondisce lo studio della musica medievale, rinascimentale e del canto gregoriano. Si dedica a lavori svariati, come quello di tecnico del suono per la radio pubblica. Un periodo di riflessione sul suo rapporto con la sperimentazione, nell’intento di sviluppare un orecchio nuovo in grado di poter percepire l’essenziale della musica. Un ritorno alle origini della musica occidentale, che lo porta a dirigersi verso la semplicità e la purezza di mezzi compositivi,

Successivamente precisa: «Non mi importava niente delle frequenze alte o basse, dalla riduzione del rumore; volevo soltanto una linea musicale che fosse portatrice di un’anima, come quella che esisteva nei canti di epoche lontane, com’è ancora oggi nel folclore: una monodia assoluta, una nuda voce dalla quale tutto ha origine.»

Dopo le nere brume ecco germogliare Für Alina, un’opera per pianoforte, composta nel 1976, che può considerarsi essenziale per il suo nuovo stile tintinnabuli, il cui titolo riporta al brano per pianoforte solo di Beethoven Für Elise.  Il brano, dedicato alla figlia diciottenne di un amico di Pärt, la cui famiglia si disgrega e la figlia si reca in Inghilterra con il padre, vuole essere un’opera di consolazione per la madre della ragazza. La sua introspezione riporta alla mente un’immagine splendente della giovinezza, in viaggio per esplorare il mondo.

Il brano è articolato in un tema composto da due linee melodiche basate sull’accordo di si minore. Un accordo di basso suonato nell’ultima ottava che si intervalla all’intera esecuzione dell’opera, incentrata sulle ottave alte. La metrica, basata sulle triadi tintinnabuli, non è segnata in chiave, né nell’alfabeto musicale delle note, costituite da un semplice pallino pieno o vuoto a seconda della durata che l’esecutore intende dare al brano. Quindici battute danno corpo al tema, priva di una conclusione modale ben definita, ma che si tronca nell’ultima battuta, musicalmente analoga all’accordo del Tristan und Isolde di Richard Wagner.

Con la sua teoria dei tintinnabuli (dal latino tintinnabulum: campana), egli rivoluziona il mondo della musica allontanandosi da Schönberg e dalla musica dodecafonica creando un nuovo modo di concepire il tempo. Seguendo questa tecnica, l’artista struttura le sue composizioni creando due voci, la prima è la linea melodica che necessita di un sostegno, mentre la seconda è costruita sulle note della triade che si accordano con la melodia secondo regole matematicamente prestabilite, realizzando una continua oscillazione tra la consonanza e la dissonanza. Le due voci s’integrano e polarizzano costituendo una monade unitaria, ma allo stesso tempo sono due elementi distinti che rispecchiano l’uno nell’altro. Il compositore riferendosi alla prima e alla seconda voce dei suoi tintinnabuli afferma che uno più uno è uguale a uno.

Nora, sua moglie e fedele compagna, racconta così l’introduzione della seconda linea melodica: «Il momento in cui Arvo è arrivato all’inserimento della seconda voce potrei paragonarlo alla creazione del mondo. È stata un’enorme esplosione, una scoperta che non ha ancora esaurito il suo potenziale. […] nella musica di Arvo la tensione necessaria è data da questa piccola sovrapposizione verticale: la melodia superiore si muove liberamente nello spazio tonale, la seconda voce, invece, si può muovere soltanto all’interno di tre suoni, sottolineando continuativamente una sola funzione, quella della tonica. Sopra si può prospettare un’ampia gamma di suoni, al di sotto c’è solo la tonica. Si viene così a creare una sorta di tensione tra le due voci che sono sì complementari, ma anche polarizzate come nell’elettricità il polo positivo e quello negativo.»
Arvo Pärt, con Für Alina caratterizzata dall’unione straziante di due linee melodiche che donano ad ogni suono un esserci diverso l’uno dall’altro, seguendo il metodo dei tintinnabuli, esprime il potenziale armonico senza tempo della sua nuova musica, cercando sempre di inseguire quell’unico suono.
Il bisogno del compositore di concentrarsi su ogni singolo suono fa sì che ogni nota, in un gioco del tempo, espresso in note prima piene e poi vuote s’innalzi sulle vette più alte per abbattersi nei meandri più profondi e intimi appena l’accordo di basso risuona dai tasti del pianoforte. Note che da semplici steli verdi, assumono la stessa importanza dei fiori, creando un’armonia capace di immergere il compositore, l’esecutore e l’ascoltatore in una dimensione temporale e cosmica unicamente interiore. Così, Für Alina, seguendo e realizzando l’indicazione, posta all’inizio del brano dall’autore, Ruhig, erhaben, in sich hineinhorchend (Calmo, sublime, ascoltando se stesso), diventa la possibilità di descrivere, interpretare e ascoltare se stessi e la propria visione del mondo.

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