Caro Mogol ti scrivo

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di Angelo Bianco – Extra! Music Magazine

 

Ha tenuto banco in queste ultime settimane la controversa proposta di legge atta a valorizzare la musica italiana, nata a ridosso della conclusione del Festival Di Sanremo. In sostanza, il 33% delle canzoni trasmesse durante i palinsesti radiofonici dovrebbe essere di matrice italica, di cui un 10% da dedicare ad autori emergenti e piccole case discografiche. Sulla questione si sono espressi in tanti, dai cultori artistici ai musicisti più disparati, tra cui anche Giulio Rapetti, meglio conosciuto come Mogol, attuale presidente della SIAE (Società Italiana degli Autori ed Editori) e vera leggenda della musica nostrana. Tra alcune dichiarazioni rilasciate dallo stesso Mogol spicca il pieno appoggio alla proposta di legge, con tanto di comunicazione inviata agli associati affinché questi si schierino a suo favore. Adesso invece faremo un gioco, uno di quelli semplici. In questo editoriale svestirò i panni del contributor di Extra! Music Magazine per vestire quelli di uno degli associati che ha ricevuto l’email inviata da Mogol, rispondendo alla sua comunicazione. Brevi ma doverose premesse: nelle righe che leggerete non troverete nessuna faziosità di carattere politico, in primis perchè la politica è giusto che rimanga confinata all’interno delle proprie mura, e in seconda battuta perchè da parte mia la voglia di discutere del suddetto argomento è pari a zero, non a caso nessun partito politico o parlamentare è stato citato. Tutto quello che leggerete sono da intendersi inoltre come affermazioni e opinioni personali del sottoscritto e che non rispecchiano nella maniera più assoluta quella degli altri collaboratori di Extra! Music Magazine. Detto ciò, non ci resta che auguravi una buona lettura:

Caro/Egregio/Illustre (ne scelga uno oppure tutti) Presidente Mogol,
Ho terminato da poco la lettura la sua comunicazione riguardante il suo invito a supportare la proposta di legge citata in essa, rivolta a tutti gli iscritti SIAE. L’ho riletta più volte, con attenzione sempre maggiore, ma c’è qualcosa che non mi convince, che sfugge alla mia comprensione. Le assicuro che tra le mie intenzioni non vi è quella di insegnarLe come fare il proprio lavoro, ma siamo proprio sicuri che appoggiando quest’idea a guadagnarci sia la musica italiana?

Certo, soffermandoci su meri numeri è indubbio che più musica tricolore passa in radio, maggiori sono gli introiti in generale. Lungi dal sottoscritto dal voler infangare o additare la musica italiana come scadente, stantia o noiosa, credo che per Lei sia il caso di riflettere con attenzione circa la richiesta rivolta a noi associati. Prima di andare oltre Le assicuro che tra i miei gruppi e artisti preferiti c’è tanto verde, bianco e rosso. Di canzoni italiane alla radio ne potrebbero essere trasmesse a profusione, anche ben oltre la quota suggerita dalla proposta di legge, e perfino oltre il 40% come accade oltralpe, in Francia, ma servirebbe davvero a qualcosa?

Che poi Presidente Mogol, ci sono ben altri dati da cui si evince che nel nostro paese si ascolta principalmente musica italiana e solo in parte quella straniera, lo confermano anche classifiche e dati di vendite relativi ai singoli e album più venduti nel nostro paese. Si potrebbe disquisire sul perché un genere ha più successo rispetto all’altro, o di eventuali quote rosa, sarebbero però discorsi interessanti da fare ma non attinenti alla questione. Ma imporre a radio pubbliche e private di trasmettere canzoni di artisti nostrani, suvvia, non Le pare esagerato? Mi viene in mente l’articolo 21 della Costituzione italiana sulla libertà di parola, pensiero ed espressione, quindi lasciamo anche che le radio trasmettano la musica che ritengano più adatta. Siamo di due epoche e generazioni diverse, lo so, Lei cresciuto tra vinili e giradischi mentre il sottoscritto è passato dalla musicassetta a nastro alla musica liquida, quella digitale insomma. È normale quindi ci sia disparità di opinione tra me e Lei.

Il problema vero, a mio modesto avviso, non è la quantità delle canzoni italiane trasmesse alla radio, ma la qualità di quello che ascoltiamo. E una personalità illustre come la Sua dovrebbe saperlo bene, dopo tutto Lei è Mogol, non una persona qualunque. Ho avuto modo di leggere la sua recente intervista rilasciata a un noto quotidiano nazionale ed è stato interessante carpirne il suo punto di vista, in particolar modo quando si è soffermato sullo stato di salute attuale della musica italiana. Ha centrato il punto citando la parola magica. Qualità. Vocabolo decisamente importante, non trova? Quindi, cos’è maggiormente importante per Lei? Ascoltare obbligatoriamente una canzone italiana ogni tre straniere, poco importa se qualitativamente scarsa, oppure non imporre vincoli ma lavorare affinchè ci sia qualità in quello che si ascolta? Crede che le due cose possano coesistere?

E anche attuando questa proposta di legge, siamo proprio sicuri che di conseguenza aumenterebbe anche la qualità di quello che passa sull’etere radiofonico? A parer mio, quello di un umile associato quale io sono, questa proposta che trova il suo pieno appoggio è il classico specchietto per le allodole o un effetto placebo che in realtà non cura i mali, o presunti tali, della musica italiana. Potrei anche ipotizzare malignamente che queste siano le classiche dichiarazioni di facciata atte a portare acqua al proprio mulino, voglio dire, in questo modo a guadagnarci sarebbe l’azienda con cui entrambi abbiamo a che fare.

E di quel 10% relativo a brani di artisti italiani emergenti cosa mi dice invece? Su quale criterio si dovrebbero scegliere quelli meritevoli di essere trasmessi nei palinsesti radiofonici? Basandoci sulle classifiche di Spotify o magari seguendo i trend su Twitter? Perdoni i miei tanti, troppi interrogativi, e Le chiedo scusa se potrò sembrarLe impertinente, sfacciato, ma sa, la musica rappresenta un qualcosa di importante per me, dal momento che riesco unire l’utile al dilettevole grazie al mio lavoro. Immagino valga lo stesso per Lei.

Anche qui, non è un problema di quote, percentuali e freddi numeri, e nemmeno adducibile esclusivamente alla mancanza di qualità, perché di quella nel sottobosco musicale ce n’è in abbondanza. Il problema è ben diverso. Ecco, un’altra parola magica. Cultura. In Italia non c’è attenzione per la cultura musicale, potrei azzardarmi a tirare in ballo altri contesti ma mi soffermerò esclusivamente su tutto ciò che concerne la musica.

L’Italia è una miniera d’oro di musicisti, cantautori e gruppi emergenti dalle qualità indiscutibili, che necessitano solo di essere portati alla luce: pochi riescono ad arrivare nella musica che conta, altri si perdono lungo il cammino e tanti smettono di inseguire un sogno chiamato musica solo perché nessuno si è accorto del loro talento. Basterebbe una maggiore attenzione da parte di tutti, tributando anche il giusto rispetto per l’impegno e i sacrifici profusi da coloro che per necessità o per diletto si affacciano nel panorama musicale.

Questa affermazione non è campata per aria ma è frutto di attente riflessioni, esperienze vissute in prima persona e scambi di opinioni con alcuni artisti dal talento unico ma non apprezzati in Italia per quello che davvero meritano. Per alcuni di loro basta valicare gli italici confini ed ecco che, come per magia, i teatri si riempiono, i club straboccano di fan entusiasti e il calore dei presenti invade lo straniero (che in questo caso è italiano e canta in italiano). Artisti che in Italia invece faticano a imporsi, snobbati in favore di altri che magari possiedono un decimo del loro talento. Tedeschi, francesi, sudamericani o mediorientali sono forse migliori di noi in ambito musicale? Non credo, si tratta culture sostanzialmente diverse dalla nostra, ma argutamente curiosa e soprattutto rispettosa tanto dell’artista che si trova davanti, quanto della musica in generale. Cultura, appunto.

C’è un qualcosa di sbagliato in tutto questo, non trova? Potrebbe rispondermi che certa musica di nicchia viene definita tale appunto perchè viene ascoltata da una sparuta minoranza di persone seppur rispecchi alti standard qualitativi; d’altronde la sempreverde musica pop affonda le sue radici nella cultura popolare, da qui il nome scelto per identificarla. Chiara, ovvia, impeccabile potrebbe rivelarsi questa sua eventuale risposta. Fatto sta che qualità e meritocrazia, sempre riferite alla sfera musicale, sembrano due parole difficili da comprendere qui nel Belpaese.

Mandare sulle frequenze radiofoniche qualche canzonetta italiana in più non è la panacea di tutti i mali della nostra musica, idem nel bombardare gli ascoltatori con i numerosi figli dei talent che imperversano a destra e a manca. Lei per il talento, quello vero, ha una naturale predisposizione dal momento che ha collaborato e scoperto tanti grandi artisti che hanno segnato la storia musicale e culturale di questo paese, quindi certe dinamiche Le conosce alla perfezione.

Va anche detto che le nuove proposte italiane dovrebbero puntare ad avere qualcosa da dire e non da mostrare. Cantare, non apparire. Non basta il tormentone estivo, la canzonetta da canticchiare sotto la doccia o quella infarcita di citazioni forzate per accalappiare il favore dei più giovani, c’è bisogno di qualità nel proporre qualcosa che valga la pena ascoltare.

Certo, anche l’occhio vuole la sua parte e scagliarsi per partito preso contro l’appariscenza di certi esponenti della musica nostrana sarebbe come giudicare un album dalla sua copertina. Atteggiamento decisamente sbagliato e oltremodo deleterio. No, personalmente se un artista mi fa letteralmente cagare, poco importa se sul proprio volto ha disegnato un fucile kalashnikov o il più tenero dei micini, discorso uguale se indossa uno smoking o un capo di alta moda. Mi soffermo esclusivamente sull’unica cosa che in realtà dovrebbe contare: la musica. E nessuno meglio di Lei potrebbe affermare il contrario, dico bene?

La verità caro Presidente Mogol è una sola: la vita è troppo breve per ascoltare musica di merda, poco importa se sia italiana o straniera. Nonostante il francesismo credo che Lei sia d’accordo con la mia affermazione. In attesa di una Sua risposta, non mi resta che augurarle tante care cose e le rinnovo l’invito a riflettere sulla proposta che appoggia con tanto ardore.
Con stima e affetto, Angelo Bianco.

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