Il futuro internazionale della didattica musicale. Intervista a William Fong.

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di Stefano Teani

Britannico di madre francese e origini statunitensi, William Fong (59 anni, nato nell’Iowa) è pianista concertista, camerista e docente. Insegna a Londra, alla Royal Academy of Music e alla Purcell School for Young Musicians, dove è a capo del dipartimento di Pianoforte. Il suo calendario è fitto di recital, masterclass e seminari sia nel Regno Unito che all’estero; negli anni si è infatti esibito a New York, Mosca, San Pietroburgo (per la Fondazione Sviatoslav Richter) e Shanghai, oltre che in Australia, Nuova Zelanda e in molti Paesi europei. Le sue performance sono state trasmesse in televisione e via radio su canali quali BBC Radio 3, Classic FM e BBC Television. All’edizione 2023 di Cremona Musica International Exhibitions and Festival proporrà un peculiare programma da concerto condiviso con due brillanti ex allievi, oltre a partecipare a una tavola rotonda sul futuro della didattica musicale internazionale.

[L’autore della presente intervista ha avuto l’opportunità di studiare, tra il 2009 e il 2010, proprio con il Maestro Fong alla Purcell School di Londra. Da allora si sono completamente persi i contatti fino a oggi, quando per caso, grazie a Cremona Musica, è avvenuto questo nuovo incontro]

 

 Caro Maestro, che piacere ritrovarla dopo tanto tempo!

È davvero bello incontrarsi di nuovo! Sono molto contento di rivederti e scoprirti avviato su una brillante carriera.

 

Immancabilmente gentile, come sempre… dove si trova in questo momento?

Sono a Noto, in commissione al Sicily International Piano Festival & Competition. Inutile dire quanto sia felice di essere qui, in un luogo meraviglioso con tantissimi giovani promettenti. Peccato che faccia piuttosto caldo…

 

Posso solo immaginare! Nel mese di settembre invece risalirà lo Stivale per partecipare alla grande kermesse di Cremona Musica, giusto?

Sì, non vedo l’ora. Ho proposto a Roberto Prosseda un programma da concerto originale, che condividerò con due ex studenti della Purcell School: Kira Frolu, dalla Romania, e Thomas Kelly, dal Regno Unito, fresco vincitore di ben cinque concorsi. Il titolo che ho scelto è piuttosto bizzarro: London, Paris, New York: The Noughties! [la prima decade del secolo, in inglese, in questo caso riferita al Novecento, ndr] Io eseguirò Estampes di Debussy (composto nel 1903 a Parigi), Thomas Kelly suonerà Tema e Variazioni di Rebecca Clarke (scritto tra il 1907 e il 1908 dalla violista e compositrice britannica emigrata a New York), mentre Kira Frolu proporrà Fireside Tales del compositore americano Edward MacDowell (risalente al 1902), tutti brani raramente eseguiti.

 

Programma di grande interesse; lodevole e inusuale, poi, l’iniziativa di condividere il palco con gli ex allievi.

Per me sarà un grande piacere! L’altro aspetto della mia partecipazione a Cremona Musica a cui tengo molto è la possibilità di unirmi a una tavola rotonda in cui si prenderà in esame il metodo didattico che applichiamo nel Regno Unito: metodo che consente a molti studenti provenienti da tutto il mondo di studiare a Londra o in altre città britanniche, per poi magari avviare una carriera in altre nazioni europee. Non a caso questa tematica rispecchia un progetto di cui sono direttore artistico, in collaborazione proprio con Kira Frolu, chiamato Piano Star, per giovani pianisti rumeni. Ciò che Roberto Prosseda sta creando a Cremona ha molti punti di contatto con quell’esperienza, per quanto la nostra non sia una fiera musicale e non abbia dietro un simile, imponente lavoro di marketing. Selezioniamo dieci pianisti rumeni fra un gran numero di candidati e li inseriamo in un programma didattico di una settimana: non solo lezioni e masterclass, ma anche laboratori su come promuovere se stessi usando le piattaforme digitali. Favoriamo inoltre lo scambio culturale creando delle tavole rotonde con musicisti internazionali, e qui risiede il parallelismo interessante con Cremona: la possibilità di condividere esperienze e opinioni in un vero e proprio “melting pot”.

 

Una realtà che è nata come fiera di liuteria, ma che oggi è cresciuta e si è evoluta al punto da coinvolgere quasi tutti le categorie di musicisti. Sarà la sua prima volta a Cremona?

Esattamente, non ci sono mai stato e ho grandi aspettative. Spero che sia anche una buona occasione per far conoscere la ricca attività della Purcell School di Londra, che tu già conosci bene…

 

Sicuramente il concerto di un docente con due ex allievi così brillanti sarà già un ottimo biglietto da visita. Ci parli un po’ di lei, per coloro che non hanno la fortuna di conoscerla.

La Purcell School mi è particolarmente cara proprio perché quando ero giovane ho studiato alla Chetham’s School of Music di Manchester, e quindi conosco bene l’aria che si respira in questo tipo di istituzioni. Il mio professore aveva studiato a Mosca con Heinrich Neuhaus [pianista russo, maestro di Sviatoslav Richter e Radu Lupu, ndr], quindi anche io in parte discendo da quella scuola. Poi, come tutti i pianisti dell’epoca, ho fatto molti concorsi vincendo premi in competizioni importanti come il Concorso Internazionale Ferruccio Busoni e il Concurso Internacional de Piano in Jaén in Spagna, che mi ha permesso di tenere molti concerti nella penisola iberica.

 

Mi sembra che l’insegnamento sia ormai diventato un aspetto cruciale della sua vita: come ha intrapreso questo percorso?

In realtà è successo tutto per caso, come spesso accade. All’inizio non avevo un vero interesse per l’attività didattica, tuttavia quando si deve spiegare a qualcuno come raggiungere un risultato, immediatamente ci si comincia a interrogare e si indagano aspetti che fino a quel momento avevamo trascurato: questo è molto importante per un musicista. Ovviamente è giusto partire da una base istintiva, ma non basta, ti devi immergere in questo meraviglioso linguaggio per capire come sia costruito e quale sia il miglior modo di proporlo a un pubblico spesso digiuno di educazione musicale. Tutto ciò è indispensabile ai fini di un’esibizione coinvolgente, commovente e rigorosa al tempo stesso, capace di aprire nuove finestre sull’anima delle persone. È qui che l’insegnamento si fa davvero stimolante.

 

Vorrei tornare per un momento sul suo progetto Piano Star: adottate un metodo didattico particolare?

Non conosco bene la situazione italiana, ma il sistema educativo musicale in Gran Bretagna, in Romania e nella maggior parte dei Paesi è piuttosto lineare. Gli allievi di pianoforte studiano i loro brani, dai Preludi e fughe di Bach ai Preludi di Chopin, poi le Sonate di Beethoven e così via in una direzione unica, incentrata sul proprio strumento. Nulla da ridire, ovviamente, è fondamentale affrontare questi capolavori; quello che spesso manca, però, è una conoscenza più ampia del repertorio. Con Piano Star cerchiamo di dedicare più tempo ad ascoltare e approfondire altri pezzi. Devi studiare le Sonate di Beethoven? Molto bene, nel frattempo ascolta anche le sue Sinfonie, per capire come le une abbiano influenzato le altre. Per diventare musicisti colti bisogna uscire da una mentalità orientata esclusivamente al pianoforte; non si tratta solo di perfezionare le proprie abilità tecniche. Anzi, la gioia più grande sta proprio nella scoperta, nell’esplorazione costante che porta a chiedersi “perché”.

 

Meraviglioso. Ha colto un aspetto davvero cruciale del fare musica.

Questa è una componente del progetto; l’altra è quella di far lavorare gli studenti in gruppi, di modo che al momento dell’esibizione ciascuno debba eseguire movimenti diversi di sonate e concerti: così facendo si ascoltano a vicenda e il confronto diventa non solo possibile, ma necessario. Inoltre, vorrei dar loro un assaggio di come sarà il mondo del lavoro e di quali interrogativi dovranno porsi: «Come strutturo 90 minuti di programma per un recital?», ma anche «Come preparare al meglio un concerto?». Lo diamo spesso per scontato, ma agli occhi di un giovane studente non è così semplice. Per non parlare di tutto ciò che riguarda il reperimento di fondi e sponsor al fine di creare eventi musicali. Questioni schiettamente pratiche che troppo spesso dimentichiamo di affrontare con gli allievi, ma che poi diventeranno il loro pane quotidiano.

 

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