L’opera nel segno della contemporaneità: un inedito progetto per una lettura donizettiana d’autore. Intervista a Francesco Lanzillotta.

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di Salvatore Sclafani

Uno dei più affermati direttori d’orchestra e compositori del panorama musicale italiano, Francesco Lanzillotta è attualmente impegnato a Bruxelles con la produzione di Bastarda (in scena già dal 21 marzo, fino al 16 aprile), un grande progetto donizettiano che lo vede nel duplice ruolo di direttore e compositore, commissione del teatro de la Monnaie, dove ha già debuttato nel 2021,

Come direttore, Lanzillotta vanta un repertorio estremamente vasto, dai classici ai contemporanei. E la produzione contemporanea ha avuto sovente un peso importante nella sua attività di direttore; in tal senso, rilevanti alcune collaborazioni: nel 2014, la direzione di una prima esecuzione mondiale di Giorgio Battistelli, Il medico dei pazzi, e nel 2022, all’Accademia di Santa Cecilia, di due nuove composizioni operistiche di Lucio Gregoretti e Marco Betta, entrambe su libretti di Bruno Cagli. Lanzillotta è anche compositore prolifico e le sue opere spaziano dal balletto alla musica per il teatro e da film, alle composizioni sinfoniche e cameristiche.

Tra i principali appuntamenti che lo vedranno impegnato nei prossimi mesi, ad agosto il Festival Rossini, a Pesaro e fra settembre e ottobre il Festival Verdi, a Parma.

 

 

Qual è il disegno alla base di Bastarda?

L’idea di partenza non è un pasticcio, non un assemblaggio di opere, bensì un progetto teatrale interdisciplinare e di ampio respiro.

Alla base, vi è il plot legato alla vita di Elisabetta I Tudor: estratti da quattro opere di Gaetano Donizetti (1797-1848), scritte fra il 1829 e il 1837 (Elisabetta al castello di Kenilworth, Anna Bolena, Maria Stuarda, Roberto Devereux), ne ripercorrono l’esistenza e servono a raccontare la sua storia. Oltre al contenuto lirico originale, in italiano, il ruolo della prosa riveste ugualmente una grande importanza, con un testo, recitato in inglese, scritto ad hoc dallo scrittore francese Yann Apperry e dal regista e drammaturgo inglese Olivier Fredj.

Io stesso, poi, ho scritto musiche originali tese a dare ulteriore solidità alla trama complessa. Alcune sono in stile donizettiano e permettono una continuità fra gli estratti utilizzati; in altri momenti, la musica svolge una funzione di commento o di sostegno al dialogo; infine, ho composto anche brani pensati per i momenti teatrali in cui la musica svolge un ruolo dominante, da assoluta protagonista e come tale porta avanti l’azione.

Bastarda è un vero e proprio progetto pilota, che non ha antecedenti. L’unico modo per capire questo lavoro è…vederlo!

L’idea iniziale, propostami dal teatro de la Monnaie, era di creare uno spettacolo teatrale totale, in cui le arti agissero senza frontiere, in uno spazio unico. A tal proposito, risulta determinante l’impatto esercitato durante tutto lo spettacolo dal balletto, presente costantemente dall’inizio alla fine.

 

 

Il progetto Bastarda mostra dei tratti inediti, anche rispetto all’equilibro fra la fabula e l’intreccio.

 La gestazione del progetto è stata lunga, ci sono voluti quattro anni per definire, con consequenzialità drammaturgica, lo script e la struttura. È stato un lavoro enorme.

Bastarda è stata ideata e costruita per una rappresentazione in due serate e tredici episodi, quasi come una serie televisiva. Per coglierne appieno la storia, gli sviluppi e le loro connessioni, è importante assistere a entrambi gli spettacoli.

Vengono presentati diversi momenti della vita e del regno di Elisabetta, con frequenti escursioni diacroniche indietro e avanti nel tempo, fra passato, presente e futuro. L’opera non scorre dunque in modo lineare, secondo un normale flusso cronologico, poiché i piani temporali si sovrappongono e si intrecciano. Gli estratti dalle quattro opere di Donizetti, infatti, fanno riferimento a quattro distinti momenti della vita della regina.

L’opera vuole coinvolgere pienamente il pubblico: non c’è confine fra attore e spettatore, il quale è, anch’esso, parte integrante dello svolgimento drammaturgico. Ho riscontrato, nel corso delle diverse recite, una grande apertura e sensibilità nel cogliere il senso di questo lavoro ed accoglierne la novità nella reazione entusiastica che ha il successo dell’opera: in particolare, ricordo con grande soddisfazione la seconda serata di Bastarda – Partie I in cui il pubblico ha mostrato un pieno consenso e un immenso entusiasmo.

Senza essere trionfalistico, ritengo che questa creazione ponga interrogativi importanti rispetto alle possibili strade del teatro del futuro: un teatro che può e deve essere diverso, per non ripetere all’infinito la maniera in cui è stato pensato, fino ad oggi.

 

 

In una precedente intervista per TGmusic.it, il noto compositore Giorgio Battistelli sosteneva: «occorre ripensare lo spazio del teatro italiano in maniera creativa, sulla base delle esigenze della nostra epoca, in modo da permettere al pubblico contemporaneo di sentirsi accolto e all’artista di considerarlo un perimetro in cui sperimentare nuovi sentieri di espressione».

Sono d’accordo e conosco il suo pensiero. D’altronde, ho avuto modo di dirigere due sue opere, insieme alla musica sinfonica. La sua idea centra il punto: è necessario, oggi, proporre qualcosa che non sia stato già realizzato, sfruttando appieno le possibilità che l’arte contemporanea può offrire e reinterpretando lo spazio in linea con questa necessità.

In Bastarda, per esempio, le esigenze sceniche sono tante e importanti. Viene infatti completamente stravolto il palcoscenico, suddiviso in quattro blocchi che, grazie a un sofisticato meccanismo, si alzano e abbassano. Il fondale, poi, è gigantesco, con uno schermo sul quale vengono proiettati dei video ad altissima risoluzione.

La lirica tradizionale continua a essere proposta al grande pubblico e ritengo che, da un lato, il linguaggio debba esserne rispettato ed eseguito nella maniera più fedele possibile al segno scritto; dall’altro, però, è opportuno innovare il modo di proporlo al pubblico. Se nel 2023 perpetuiamo modalità di promozione della musica ferme a cinquant’anni fa, abbiamo perso in partenza.

L’opera lirica non è vecchia, ma è importante conoscere e sfruttare al meglio la tecnologia e i sistemi della comunicazione moderna, evitando gli anacronismi. Bisogna tenere conto di come, rispetto a decenni o anche secoli fa, molte dinamiche sociali e culturali siano mutate: anche il modo di fruire delle proposte culturali. Oggi, per esempio, è un’utopia immaginare che un ragazzino possa mettere da parte per tre ore lo smartphone per ascoltare un’opera. Per convincerlo a farlo dobbiamo trovare dei canali di comunicazione che possano coinvolgerlo e stimolarlo.

 

 

Quanto è stato difficile, da compositore e direttore, lavorare al linguaggio complesso di Bastarda?

In realtà, penso che le difficoltà siano state ampiamente sopravanzate dal piacere di affrontarne la sfida. Ovviamente, il punto di partenza è il rispetto dello stile donizettiano e la consapevolezza della sua estetica, anche rispetto a ciò che non è scritto sulla partitura ma che è necessario sapere. In particolare, riguardo all’aspetto vocale: la musica di Donizetti non è, semplicemente, belcanto, ma esprime una profonda commistione fra suono e testo; in tal senso, il valore dell’interprete si misura rispetto alla profondità che è capace di infondere a ogni singola parola.

Riguardo alla scrittura dei miei interventi all’interno di Bastarda, trovo che la composizione della musica di sostegno all’azione sia stato l’elemento più delicato. Se ho potuto realizzare quasi come un esercizio di stile i miei collegamenti, donizettiani, fra gli estratti delle quattro opere, riconosco che è stato maggiormente arduo scrivere musica nuova, che agisse come commento o sostegno dell’azione scenica. Ciononostante, ho trovato grande entusiasmo nel cimentarmi con un’opera che prevedesse l’incontro fra diverse forme d’arte, fra cui il balletto, una delle mie grandi passioni, anche da compositore.

 

 

In un lavoro così articolato, è stato necessario rivedere, in fieri, il modello iniziale del progetto?

 Se l’idea originaria era chiara, le modalità di realizzazione sono state continuamente vagliate e verificate. In un primo momento, pensavo che avrei dovuto scrivere tutti gli interventi in linea con la stessa estetica donizettiana. Tuttavia, mi resi conto abbastanza presto di quanto fosse un atteggiamento timoroso; e in un progetto del genere, era necessario rischiare fino alla fine.

In Bastarda, così come le parti dialogate, in inglese, sono state aggiunte espressamente al testo italiano originale ed esprimono un forte contrasto rispetto ad esso, anche la musica nuova, da interpolare agli estratti donizettiani, doveva essere autenticamente contemporanea, quasi in rottura con il linguaggio classico del compositore. Ecco perché, ad esempio, ho concepito la parte di sostegno all’azione scenica in uno stile sinfonico attuale, con variazioni sui temi di Donizetti. E in generale, ho dato grande importanza al lavoro di sincronizzazione fra il contenuto musicale contemporaneo e il testo recitato. Non è stato semplice sovrapporre partiture diverse mantenendo una drammaturgia convincente. Ma ne è valsa la pena!

 

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