Pianista, promotore e moderno mecenate. Intervista a Christopher Axworthy.

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di Smeralda Nunnari

Artista eclettico, pianista e docente alla Royal Academy of Music di Londra, nonché organizzatore e critico musicale, Christopher Axworthy ha studiato con Sidney Harrison, Gordon Green e Frederick Jackson e ha vinto la medaglia d’oro alla Royal Academy of Music, per poi approfondire gli studi con Guido Agosti a Roma e con Vlado Perlemuter a Parigi. Insieme alla moglie, l’attrice Ileana Ghione, nel 1980 ha fondato a Roma il Teatro Ghione. Attualmente è direttore artistico del Keyboard Charitable Trust di Londra. Ospite di lunga data di Cremona Musica International Exhibitions and Festival, ci ha raccontato del suo legame con l’Italia e della sua voglia di sostenere i giovani talenti, oltre che della fiducia che ripone nel potere sociale ed etico della musica.

 

Maestro, lei è un pianista british ma ormai italiano d’adozione. Può raccontarci come ha avuto origine il suo rapporto con il nostro Paese?

Determinante è stato l’incontro con Guido Agosti, insegnante all’Accademia Musicale Chigiana, di cui sono poi diventato allievo. Successivamente la moglie di Guido, cantante all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico di Roma, mi ha chiesto di affiancarla nel suo corso per attori – in estate lei si recava a Siena, con i suoi allievi, dove suo marito aveva la classe di pianoforte – e fu là che incontrai la mia futura moglie, Ileana Ghione: da allora non ci siamo più lasciati. Abbiamo fondato il teatro Ghione, nel centro di Roma, vicino San Pietro, dove abbiamo messo in luce il talento di numerosi artisti. Per trent’anni ho continuato a svolgere l’attività d’impresario di concerti e produttore degli spettacoli teatrali con mia moglie, proseguendo fino a cinque anni dopo la sua morte. In seguito, i miei aiutanti hanno portato avanti il teatro magnificamente, permettendomi di dedicarmi pienamente ai giovani musicisti.

 

Con il teatro Ghione e il Keyboard Charitable Trust lei si è proposto grandi e generosi obiettivi, in ambito sia teatrale che musicale. Potremmo definirla un moderno mecenate?

Al Ghione, io e mia moglie eravamo aperti all’inserimento di giovani talenti, ma anche di artisti in auge o ingiustamente dimenticati. Ho invitato musicisti di prim’ordine come Karlheinz Stockhausen e i miei maestri, Guido Agosti e Vlado Perlemuter – che ha fatto il suo debutto in Italia a 81 anni! L’ho accompagnato in giro per il mondo fino ai 90 nel suo ultimo concerto a Londra, ero dietro le quinte per spingerlo sul palco. Sul versante teatrale, invece, con Ileana abbiamo sempre deciso di puntare sulla qualità della proposta: mi piace ricordare Così è (se vi pare), L’importanza di chiamarsi Ernesto, e soprattutto l’ultimo spettacolo, Ecuba, con il quale si è chiuso il sipario sulla sua vita – con l’unica consolazione di essere morta in scena, come ogni attore vorrebbe… Alla Keyboard Charitable Trust, fondazione nata per aiutare i giovani che vogliono intraprendere la strada del concertismo, diamo invece la possibilità di fare esperienza con delle tournée: attività che porto avanti tuttora, dedicandomi ai talenti di domani. Dopo anni e anni di studio si arriva a un bivio, e non è automatico né semplice far decollare una carriera: bisogna studiare e avere grande talento, ma anche sapersi muovere – oltre a suonare sempre bene, ovviamente!

 

Vorrebbe raccontarci qualche episodio che le sta a cuore legato agli artisti che ha visto farsi strada nel mondo della musica?

Al Ghione ho conosciuto Roberto Prosseda, giovane e pieno di talento, e l’ho visto crescere nel suo essere musicista a 360 gradi. Allora studiava con Sergio Cafaro, che abitava dietro al Ghione e veniva a suonare a teatro, dove seguiva anche le masterclass di Fou Ts’ong. Oggi è diventato un punto di riferimento sotto molteplici aspetti: non è solo un concertista, ma scrive anche libri, tiene conferenze, si occupa di divulgazione… È rarissimo trovare un talento simile, capace oltretutto di conciliare arte e vita familiare!

 

Il suo è ormai un volto familiare a tutti i partecipanti a Cremona Musica. Cosa rappresenta per lei? Può anticiparci qualcosa della nuova edizione?

A Cremona sono stato invitato due volte da Roberto Prosseda, che come coordinatore artistico ci riserverà molte novità, ne sono certo! Per me è una bella occasione per dare spazio, nel mio blog, a giovani talenti: è importante far crescere e conoscere i musicisti di domani (tramite una critica costruttiva delle loro esibizioni), anche per ampliare il pubblico dei teatri – che, per quanto numeroso, resta una nicchia ristretta.

 

La musica, tra tutte le arti, ha avuto sempre un ruolo guida nel potere trasformativo della società. Pensa che sia vero ancora oggi?

La musica è senz’altro più forte delle parole! Perché queste si possono comunicare attraverso la musica. Due persone che stanno cercando di suonare insieme, facendo convivere insieme le stesse note – anche se non si conoscono, se parlano lingue diverse o addirittura si odiano – grazie al linguaggio universale della musica si uniscono e comprendono di avere la stessa anima. Questo vale, anche, per qualsiasi inimicizia o guerra. La musica ci fa comprendere che c’è un mondo migliore, e anzi ci può aiutare a realizzarlo!

 

Ci lascia con un’esortazione ai giovani che, amando la musica, vogliono vivere la propria vita con arte e per l’Arte?

È importante capire che non è la quantità, ma la qualità della vita che conta! In un epoca di isolamento e chiusura, la musica ci insegna ad avere un’anima forte e al tempo stesso delicata nel rapporto con il prossimo, a unirci in nome della bellezza per vivere una vita migliore. Non dobbiamo dimenticare che l’esistenza di ciascuno di noi è un fenomeno passeggero – ci sono cellule che muoiono già nel momento stesso in cui nasciamo – ma ciò che conta è quello che succede tra la nascita e la morte, la pienezza con cui riusciamo a vivere e a condividere. La musica e l’arte, da questo punto di vista, rappresentano un dono insostituibile.

 

© Tutti i diritti riservati in collaborazione con Cremona Musica.

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