Guastavino: Song Cycles ||| Letizia Calandra, soprano – Marcos Madrigal, pianoforte

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di Salvatore Sclafani

Le liriche per voce e pianoforte occupano uno spazio importante nella produzione di Carlos Guastavino (1912-2000). Compositore argentino legato all’estetica post-romantica, in un’epoca segnata dalla diffusione di diverse avanguardie musicali, Guastavino si distingue per un linguaggio caratterizzato da una spontanea bellezza melodica. Le sue opere vocali da camera testimoniano una sensibile ricerca di adesione della musica alla parola lirica; spesso, in Guastavino, la linea del canto è concepita a partire del verso tramite il ricorso frequente a una struttura sillabica (in cui ogni nota corrisponde a una sillaba), capace di suscitare la pronuncia chiara del testo poetico e la sua fruizione da parte dell’ascoltatore.

Nel CD Carlos Guastavino: Song Cycles, prodotto dall’etichetta discografica olandese Brilliant Classics, il soprano Letizia Calandra e il pianista Marcos Madrigal propongono una selezione di brani fra i più significativi del repertorio vocale di Guastavino: i cicli Flores Argentinas (1969), con testi del poeta argentino León Benarós (1915-2012), e Siete Canciones sobre Poesías de Rafael Alberti (1946), basate su poesie dello spagnolo Rafael Alberti (1902-1999), cui si aggiungono quattro canciones; fra queste, spicca la celeberrima Se equivocó la paloma (pubblicata nel 1941).

Flores Argentinas, ciclo difficilmente reperibile sul mercato discografico come opera completa e inciso in questo disco nella sua versione integrale, presenta una forte connotazione autoctona: i versi di Benarós ritraggono l’universo floreale tipico dell’Argentina, sostenuti da una scrittura musicale che allude frequentemente a ritmi e danze del folclore locale. Ad esempio, nella parte pianistica della prima canción del ciclo, Cortadera plumerito, è possibile percepire un frequente ricorso alla sequenza ritmica di una milonga campera, genere vocale della tradizione argentina; in Campanilla ¿a dónde vas?, la sovrapposizione fra le linee del canto e del pianoforte provoca un’oscillazione costante fra il 3/4 e il 6/8, aspetto ricorrente nella musica folclorica e riscontrabile anche nel brano seguente, Aromita, flor de tusca, che sembra ispirarsi a un ritmo di chacarera, danza argentina rurale.

Rispetto al suono argentino del verso di Benarós, in Siete Canciones sobre Poesías de Rafael Alberti, il mondo poetico di Alberti esprime una dimensione più ermetica della lingua castigliana. Ciò si traduce musicalmente nella ricerca di colori che sembrano assecondare l’ambiguità dei versi grazie a un cromatismo più elaborato. Il linguaggio di Siete Canciones dà vita a un mondo criptico, meno accessibile rispetto all’intenzione descrittiva presente in Flores, e a uno spazio sonoro più enigmatico e complesso nelle sue strutture armoniche, che contrasta con il ciclo precedente.
Tra le altre canciones presenti nel disco e non appartenenti ai due cicli, è da sottolineare il lirismo accorato de La rosa y el sauce per la sua natura quasi operistica, a tratti distante dai toni più misurati e intimisti della maggior parte dei brani inclusi nel disco, e la sensibilità popolaresca de El sampedrino, costruita come una sorta di canzone folclorica in cui la parte pianistica agisce in costante sostegno del movimento più libero e rapsodico della voce.
In Carlos Guastavino: Song Cycles è notevole la ricerca stilistica di Letizia Calandra nell’impostazione vocale. Rispettosa del testo e attenta a sottolineare la specificità cameristica dei pezzi, Calandra offre una bella gamma di timbri e sfumature. La sua interpretazione rende omaggio al contenuto poetico attraverso una dizione chiara e scandita, che permette al verso di essere chiaramente udibile nel dettaglio. D’altronde, la qualità della pronuncia dei testi in spagnolo testimonia uno studio accurato delle canciones sin dalle loro specificità fonetiche. Inoltre, l’articolazione espressiva del soprano rende comunicativa la parola sin dal suo significante, ancor prima del significato. Ciò è ulteriormente supportato da una certa facilità nella recitazione, in particolare in Flores Argentinas, in cui Calandra restituisce a chi ascolta un mondo floreale animato e lussureggiante.
La solida tecnica strumentale di Marcos Madrigal si esprime pienamente in una ricca tavolozza di colori e mostra una particolare sensibilità nell’intesa con il canto, sia in brani in cui il pianoforte esercita essenzialmente un ruolo di sostegno alla linea vocale, sia quando lo strumento è pienamente inserito in un dialogo cameristico. Madrigal è pianista fine e consapevole della scrittura guastaviniana, messa in luce attraverso un’attenzione rigorosa alla parte vocale e un approccio estremamente rispettoso del testo musicale. L’intensità lirica di ogni canción è ottenuta per mezzo di una costante ricerca di orizzontalità nel fraseggio, impreziosita da un certo gusto per l’effetto sonoro: è il caso de Las achiras coloradas, settimo brano del ciclo Flores Argentinas, in cui Madrigal ricorre a un suono fluido e trasparente, che sembra imitare le timbriche e i modi di produzione sonora della chitarra, strumento spesso stilizzato nella musica “classica” argentina, dato il suo valore simbolico nell’immaginario culturale del Paese.
Un’ulteriore nota di merito riguarda la qualità della registrazione, chiara e nitida, che consente di apprezzare il bell’equilibrio dei volumi tra voce e pianoforte. Ciò testimonia la cura particolare del duo nelle scelte relative al sistema di amplificazione, disposto in modo da creare una dimensione sonora chiara e vibrante.
Guastavino: Song Cycles si presenta dunque come un autorevole lavoro su un repertorio di alto valore artistico, ma forse non ancora del tutto familiare al pubblico italiano ed europeo. Il disco di Letizia Calandra e Marcos Madrigal offre all’ascoltatore curioso ed esigente una prospettiva di alto livello sul linguaggio di Carlos Guastavino ed è probabilmente destinato a diventare un must della produzione discografica attuale dedicata al compositore argentino. La commistione fra il linguaggio post-romantico e le reminiscenze della musica folclorica argentina trovano una fortunata sintesi nel repertorio guastaviniano, valorizzato dagli interpreti grazie a un’attenzione sistematica agli aspetti ritmico-agogici presenti nel testo, poetico e musicale, e a un lavoro accurato sul colore sonoro, il fraseggio e la fusione timbrica fra la voce e il pianoforte.

 

Nota alla recensione :

Non sempre è facile accedere, in Europa, agli studi su Carlos Guastavino. Pertanto, desidero ringraziare la professoressa Nancy Roldán, pianista, già docente del Peabody Conservatory of the John Hopkins University (USA), fondatrice del collettivo Sonus Guastavino e fra i massimi esperti del repertorio guastaviniano, per avermi messo a disposizione del materiale unico e prezioso, la cui consultazione è stata fondamentale per la scrittura della presente recensione.

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