La modernità ritrovata al Pucciniano

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di Stefano Teani


Una serata molto attesa quella del 18 luglio al 66
° Festival Puccini di Torre del Lago, come testimonia il sold out registrato ben prima dell’inizio dello spettacolo e il gran numero di persone rimaste fuori. Dopo Gianni Schicchi, anche questa serata si è svolta nella Cittadella del Carnevale, invece della consueta location di Torre del Lago, rafforzando il rapporto del Festival col territorio. Protagonista il poliedrico Charlie Chaplin in Tempi Moderni. A dire il vero, però, la vera protagonista della serata è stata l’Orchestra del Festival Puccini che, diretta con grande sicurezza da Timothy Brock, ha saputo accompagnare il film con precisione e discreta verve.

Le difficoltà di una partitura di questo genere sono molte, a partire dai continui cambi di tempo, la complessità tecnica di innumerevoli passaggi e l’obbligo di essere sempre in sincronia col video. Proprio per questo la direzione di Brock risulta molto efficace e pulita, capace di essere sempre perfettamente insieme alle immagini; solo pochi, rarissimi sfasamenti si sono verificati ma assolutamente trascurabili e subito recuperati con naturalezza. Un grande plauso va all’orchestra che, superando la tendenza fisiologica ad adagiarsi su un repertorio ormai consolidato negli anni, ha ritrovato in questa stagione (e in questa sera in particolare) nuovi stimoli ed energie. Un’interpretazione così precisa, oltre che convincente e viva, da far spesso dimenticare che si trattasse di un’esecuzione dal vivo e non di una colonna sonora registrata professionalmente in studio da qualche celebre orchestra.

Sempre attuale la pellicola di Chaplin, che fin dalla prima scena ci ricorda l’inquietante analogia fra le pecore che si affastellano negli ovili e i lavoratori che si ammassano nei mezzi pubblici per recarsi a lavoro. Un’amara ironia che porta a riflettere su temi ancora attuali, il tutto stemperato dai celebri sketch comici di Charlot e il leitmotiv dell’amore. Il film stesso, dopo esser cominciato rimarcando l’incertezza lavorativa dei due protagonisti, si conclude con l’immagine dei due ancora una volta disoccupati che s’incamminano verso un futuro ancora incerto ma non più solitario.

Allo stesso modo il Festival Puccini si avvia verso una nuova (e speriamo lunga) stagione della sua esistenza in cui la programmazione risulta così interessante da riuscire non solo ad alzare la qualità musicale offerta di volta in volta ma anche a registrare dei sold out così eclatanti da non poter accogliere tutto il pubblico presente.

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