“La Nativité du Seigneur” di Olivier Messiaen e la sua poetica trascendentale

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di Smeralda Nunnari

<<La musica ci porta a Dio, per difetto di verità, fino al giorno in cui Lui ci abbaglierà per eccesso di verità. Questo è il senso della musica>>. (Olivier Messiaen)

Oliver Messiaen compone il suo primo capolavoro: “La Nativité du Seigneur” (“La Natività del Signore” o “La nascita del Salvatore”), nel 1935, un’opera per organo, testimonianza della sua fede cristiana, che segna, per il ventisettenne musicista francese, il varco nella sua fase di maturità artistica. Il compositore trae ispirazione dalla teologia, dalla natura, dal paesaggio montuoso che circonda la sua residenza di Grenoble, vicina alle alpi francesi, dall’affascinante  canto degli uccelli, considerati, da lui, come i più grandi musicisti sulla terra, e dalle vetrate delle imponenti cattedrali medievali, dipinte con episodi biblici.

Maestoso lavoro, in nove movimenti meditativi, delineati da una poetica e una tecnica compositiva ineguagliabili, che danno vita a un ciclo organistico, simboleggiante i nove mesi di gravidanza della Vergine: La Vierge et l’Enfant (La Vergine con il Bambino), Les Bergers (I pastori), Dessein éternel (Disegni eterni), Le Verbe (La Parola), Les enfants de Dieu (I figli di Dio), Les Anges (Gli Angeli), Jésus accepte la souffrance (Gesù accetta la sofferenza), Les Mages (I Magi), Dieu parmi nous (Dio in mezzo a noi).

Il primo movimento, gioioso e spensierato, descrive i sentimenti che prova la Vergine Maria per l’avveramento del mistero della Natività dell’Infante celeste. Nel momento successivo, dedicato alla compartecipazione gioiosa dei pastori alla nascita, Messiaen cita un pastorale che risuona dal registro del clarinetto. Il terzo quadro, è un momento di raccoglimento, rievocazione del piano salvifico di Dio, in attesa dell’evento futuro, si tratta di una musica molto dilatata, in cui due pagine vengono eseguite in sei minuti. A questi tre segue la determinatezza del quarto movimento, più lungo e importante, il verbo di Dio che si è fatto carne, fulcro del mistero del Natale. La voce trionfante, affermativa e solenne di Dio annuncia il Verbo all’inizio del movimento (pedali dell’organo). Il quinto quadro medita sulla spiritualità dei figli di Dio, che, da cristiani, devono portare a compimento e praticare il messaggio di vita e di amore trasmesso da Cristo. L’atmosfera natalizia si manifesta particolarmente nel sesto, dedicato agli angeli, scritta per i registri acuti dell’organo, imitanti il triangolo nella mano degli angeli che ci conducono alla culla di Gesù Bambino. L’accettazione delle sofferenze umane è il tema della settima meditazione, aspra e dolorosa, in cui Gesù, redentore del mondo, compie la volontà del Padre. Nel pedale, che interviene dialogando con i manuali all’inizio del movimento, è rintracciabile il motivo della croce, composto per il registro grave e scuro del fagotto a 16’, dove le note tendono a fondersi in un suono aperiodico, somigliante al rumore, ovvero l’ombra del destino che attende Gesù. Nell’ottavo, Messiaen mette in evidenza il procedere lento della carovana dei tre re dell’oriente, recanti i doni al piccolo Re divino e la musica descrive l’avanzare della carovana fino al suo arrivo dinanzi al Bambino mostrando la luce del mistero che si diffonde quando la stella si posa sulla grotta della Natività, indicando ai Magi il termine del loro viaggio. Il medesimo disegno compositivo del quarto quadro è evidente nell’ultimo movimento, dove la voce di Dio si unisce a quella celeste degli angeli.

La composizione viene eseguita per la prima volta, dallo stesso compositore, nel dicembre del 1935, nella Chiesa della Trinità a Parigi, della quale, a ventitre anni, diventa organista, rendendola famosa per le improvvisazioni innovative e ricche di fascino che riesce a realizzare all’organo. Al tempo trascorso in chiesa è relazionabile il suo interesse sinestetico tra il suono e il colore: la fusione della luce filtrata dalle policrome vetrate gotiche con il suo organo ed egli immagina un colore, una sfumatura per ogni accordo, in sintonia con la tradizione francese debussyana, suggestionato dal fascino di Pelleas et Melisande, opera che lo conquista, nella sua decisione di intraprendere la strada musicale della composizione. Senza tralasciare la presa in considerazione del Boris Goudonov di Mussorskij, del Sacre di Stravinskij e della Messa dei Poveri per coro misto e organo o pianoforte di Erik Satie.

In questa composizione organistica, che racchiude in sé tutti gli elementi chiave presenti nelle successive composizioni, Messiaen utilizza numerose innovazioni ritmiche, tra cui i ritmi canonici, il pedale ritmico, o il ritmo non-retrogradabile. Altre forme ritmiche sono derivabili dallo studio dei ritmi dell’Antica Grecia e da quelli hindù, come la tecnica della composizione con i valori aggiunti: la possibilità di variare il ritmo, aggiungendo una semicroma a tutte le note, rendendo la pulsazione instabile. L’autore sistematizza l’uso dei suoi modi (sistema scalare che divide l’ottava) a trasposizioni limitate, che sono in totale sette. Il primo e il secondo sono più tradizionali (cioè la scala esatonica e quella ottofonica, già, impiegata da Scriabin), mentre gli altri modi contengono i più svariati gruppi di suoni simmetricamente organizzati.

L’impiego dei modi a trasposizione limitata consente, ulteriormente, all’artista di esplorare la relazione esistente tra l’udito e gli altri sensi, realizzando una musica sinestetica, dove l’incontro e la sovrapposizione di accordi crea l’impressione di vedere precisi accostamenti di colore.

In Nativité du Seigneur, è osservabile, all’inizio, l’utilizzo della prima trasposizione del secondo modo, nel quarto movimento, la quarta trasposizione del terzo modo e il finale termina con la seconda trasposizione del secondo modo.

Il linguaggio molto personale di Messiaen, anche se aperto agli influssi di Debussy o di Skrjabin, rappresenta un anello di congiunzione tra le avanguardie storiche e la Nuova musica del secondo dopoguerra e esercita una grande influenza sui suoi giovani allievi Pierre Henry, Boulez, Xenakis, Stockhausen, Murrail e Grisey e sulla scuola di Darmstadt. Il suo lavoro diventa fonte d’ispirazione per i sostenitori del serialismo integrale.

Conoscere la visione della vocazione della musica di Messiaen è fondamentale per apprezzare la cattedrale sonora da lui realizzata. La Nativité du Seigneur è un’opera importantissima, sia per il significato religioso, sia per l’uso sistematico delle invenzioni compositive da lui introdotte, che rendono particolarmente singolare il suo serialismo.

Richard Franko Goldman, nel 1967, afferma: <<Si è davvero tentati di dire che l’opera è un capolavoro e una delle più grandi opere per organo di tutti i tempi. È certamente monumentale e imponente, originale e memorabile, con o senza la spiegazione teorica e mistica che il compositore stesso dà.>>

Dentro i calcoli e le meccaniche compositive dell’autore, si cela un atteggiamento opposto, rispetto ai compositori moderni. Questi ultimi esaltano la ragione dell’uomo, capace di trasformare, realizzare e creare, mentre Messiaen, sviluppa le proprie tecniche, in antitesi, per sottolineare l’esatto contrario, ovvero l’impossibilità per l’uomo di cambiare ciò che è eterno. Tale fascino per le cose impossibili è, come sostiene lo stesso compositore, la metafora dell’uomo che «vive e agisce nel tempo frapposto fra l’eternità che si trova prima e dopo di lui».

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