L’estetica “emotiva”. Intervista al compositore Vito Palumbo.

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di Gabriele Cupaiolo

Tra i compositori italiani più in auge in questo periodo storico, Vito Palumbo determina quello che è lo stile compositivo contemporaneo.

Dopo aver scritto musica fin dalla tenera età, Palumbo ha ottenuto un posto presso la prestigiosa Accademia Chigiana di Siena in composizione. Successivamente si è diplomato all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma studiando con il compositore Azio Corghi, diplomandosi con lode. Palumbo ha anche conseguito una speciale borsa di studio assegnata personalmente da Luciano Berio .

Nel 2005 è stato insignito del Premio G. Petrassi (istituito dal Presidente della Repubblica Italiana al Quirinale, Roma).

Vincitore di numerosi concorsi di composizione nazionali e internazionali tra cui il Concorso Prokofiev, Palumbo ha ricevuto commissioni in tutto il mondo da istituzioni ed ensemble come: la Philharmonia Quartett di Berlino, l’Academie de France, Parco della Musica – Roma, la Parata del Festival di musica contemporanea a Pechino, Accademia Chigiana di Siena, il ” M. Botin “Foundation – Santander, Foundation Enescu, Future 99 – Crest, Montpellier International Festival, Barockmuseum Salzburg, il Minnesota 2010 Marimba Festival, Orchestra Sinfonica della Rai, Teatro Petruzzelli, Neo Norrbotten con la solista Anna Paradiso Laurin.

Palumbo ha in particolare completato due commissioni dell’Athenäum – Quartett dei Berliner Philharmoniker. I suoi lavori sono stati trasmessi da diverse importanti emittenti tra cui RAI Radiotre, Channel V Music RAI, Rai Tre, Arté France, Sky Classical, Radio France e Radio Wien.

 

 

Innanzitutto salve Vito, mi permetto di darti del tu.
La prima domanda che voglio porti riguarda la contemporaneità che tutti noi stiamo vivendo.
Come stai approcciando a questo periodo di restrizioni e di sacrifici? Alimenta o riduce la creatività?

Durante il primo lockdown ho attraversato un momento di blocco, l’impatto psicologico di fronte ad un evento di tale portata che ha sconvolto improvvisamente le nostre vite naturalmente ha segnato anche me, nonostante io sia abituato (come quasi tutti i compositori) a condurre una vita ritirata, isolata e concentrata sulla scrittura, nel silenzio. Psicologicamente ho vissuto meglio questa seconda ondata, visto che un po’ tutti ce l’aspettavamo, e ho continuato a portare avanti diversi progetti discografici e alcuni lavori che mi sono stati commissionati. A parte l’impatto psicologico iniziale a questo incredibile evento epocale, lo stare per lungo tempo chiuso in casa mi ha permesso di approfondire e concentrarmi sulla scrittura, su diversi lavori lasciati in sospeso. C’è da dire che lo avrei fatto comunque, magari diluendo il lavoro, perché normalmente il mio processo compositivo è sempre stato distaccato e indipendente rispetto ad ogni evento personale e/o esterno della nostra quotidianità. Come se fosse qualcosa che deve andare avanti comunque e soprattutto mai influenzata da avvenimenti quotidiani. Per me la composizione è una missione da portare avanti in qualunque situazione e questo percorso creativo non è mai influenzato da nulla.

 

Qual è la scintilla più potente per i tuoi lavori, l’ ispirazione emotiva o la volontà razionale di costruire articolate impalcature sonore (dopotutto i tuoi lavori sono caratterizzati da una struttura complessa e mai illogica)? Diciamola così: ti senti più romantico o fiammingo?

Non saprei dire bene dove si colloca il mio bisogno creativo. C’è stata sempre una base istintuale molto forte da quando ero bambino e ho iniziato a scrivere le melodie che ricercavo sul pianoforte. Sono convinto che ci sia una via di mezzo tra razionalità, organizzazione del materiale sonoro in ogni aspetto e istinto, immaginazione ed emotività. Ho sempre delle idee musicali dentro di me e per fortuna non ho mai attraversato la famosa crisi creativa che coglie di solito i compositori, in alcuni casi anche per periodi molto lunghi. L’immaginazione è sempre fervida ma sono molto pignolo, severo con me stesso e maniacale quando devo fissare le note sulla carta; soprattutto con gli anni sono diventato molto lento (anche se abbastanza costante) nel lavoro quotidiano. Io penso che la razionalità e l’idea della forma compiuta e logica possano derivare da questo approccio nel cercare di dosare bene i tempi che dedico alla scrittura, come se lasciassi respirare e sedimentare le mie intenzioni musicali e la loro realizzazione naturale attraverso un artigianato che necessita di pazienza infinita, tempo necessario a lasciar decantare quei pochi secondi di musica che scrivo di volta in volta. Non forzo mai questo approccio e ai primi momenti di stanchezza chiudo subito perché non voglio che il prodotto finale sia perturbato da qualsiasi fattore esterno o da momenti di stanchezza. Anche se la mia musica soprattutto ora si spinge verso una ricerca estrema, mi considero un “romantico” durante la fase creativa, la componente emotiva prevale, ma senza trarre spunto dalla quotidianità o dallo stato d’animo del momento.

 

Quando prevale la componente emotiva, qual è lo stato d’ animo che più spesso ha fatto scoccare la scintilla della tua ispirazione?

Come dicevo la componente emotiva è sempre viva nel mio approccio compositivo e davvero non c’è nulla dall’esterno che possa generare, influenzare o perturbare la mia intenzione, la mia intuizione o ispirazione. L’idea nel mio caso si genera quasi da sola, spontaneamente, come se ci fosse una finestra che apro verso un’altra dimensione e attingessi da questo fiume che scorre continuamente. Apro e chiudo una finestra che si affaccia verso un flusso, il quale mi attraversa e che lascio scorrere nella proliferazione, nella costruzione, nella definizione della materia sonora ad ogni livello. Una finestra su un mondo cosmico dove l’energia si trasforma, si plasma, si alimenta e si dissolve. Un mondo in cui la luce e il colore mi guidano nella formazione della mia materia sonora.

 

Quali sono i generi e gli autori che più hanno influenzato il tuo percorso artistico?

Nella mia vita ho attraversato diversi periodi: nel passato la mia musica era abbastanza rivolta verso la tradizione, filtrando attraverso di essa la mia sensibilità, con uno sguardo ironico ma mai irrispettoso. Cercavo di fondere ricerca ed archetipi con un alto grado di riconoscibilità, riprendendo possibilmente qualche carattere della corrente postmoderna. Oggi invece avverto il bisogno di staccarmi da tutto, da ogni influenza e corrente passata e presente (semmai ce ne dovesse essere una). Sono partito da esperimenti postmoderni sotto qualche influenza dei miei maestri più importanti, Corghi e Berio, per arrivare negli ultimi anni ad avere diversi compositori che ammiro e che studio come Ligeti, Chin, Abrahamsen e molti altri più giovani compositori miei colleghi e amici sparsi nel mondo. Oggi possono esistere solo grandi personalità che abbiano qualcosa da dire in qualunque forma, materiale, grammatica possibile. Non esiste nessuna corrente più prevalente di un’altra. Ogni singolo compositore oggi può tracciare la sua storia attraverso la sua voce individuale. Personalmente (ed è ciò in cui credo e che mi rappresenta pienamente) oggi la mia ricerca è concentrata sul suono, sulla sua natura intrinseca, sulle sue possibilità di trasformazione in un ambiente di colori e luci preferibilmente nell’ambito di una grande orchestra, a cui ho rivolto grande attenzione negli ultimi anni.

 

Ormai sei un musicista affermato e in attività da diversi anni: è cambiato qualcosa nel tuo modo di rapportarti al mondo dei suoni rispetto agli inizi della tua carriera?

Tutto. Come dicevo prima, il mio mondo ora sonda la materia sonora in tutte le sue componenti, dal suono al rumore, e la sua intrinseca espressività, che emerge da microgesti, da textures, in una ricerca di combinazione di colori che sfocia in una sorta di idea di suono come luce. Tutto questo emerge da un moto emozionale intimo, un microcosmo fatto di sogni.

 

Se dovessi presentarti a qualcuno tramite uno dei tuoi lavori, ce ne sarebbe uno particolarmente rappresentativo della tua personalità?

Sicuramente la mia ultima produzione degli ultimi anni rappresenta pienamente la mia personalità, il mio essere e il mio obiettivo attraverso la scrittura. Il concerto per violino, registrato con la London Symphony Orchestra, e soprattutto il concerto per pianoforte e orchestra (che pubblicherò con una grande casa editrice tra poco), il quale sarà messo in produzione non appena tutto tornerà alla normalità.

 

Hai già chiarezza di idee per i progetti futuri? Specie in seguito ad un momento così incerto e difficile per tutto il mondo dell’ arte e del teatro.

Oltre al mio prossimo album monografico che verrà pubblicato a breve, realizzato in collaborazione con la London Symphony Orchestra e registrato negli Abbey Road Studios, sto lavorando ad un concerto per chitarra elettrica e orchestra, che verrà presentato in prima assoluta con varie orchestre nel centro Europa, nonché a due commissioni di brani solistici per cembalo e pianoforte. Una mia opera da camera verrà riproposta a Salisburgo nel 2021, la prima assoluta del mio doppio concerto per chitarra, marimba e orchestra d’archi,  con varie orchestre in Italia e all’estero, e probabilmente la prima dei miei concerti più corposi e importanti per clarinetto e per pianoforte, che verranno registrati ed eseguiti in prima assoluta da un’altra grande orchestra inglese.

 

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