SCHOENBERG STRING TRIO & REGAMEY QUINTET.

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di Giulia Vazzoler

 

Un artista, costretto a vivere in costante pericolo di morte, consapevole che il pezzo che sta componendo potrebbe essere l’ultimo, e forse addirittura l’unico che possa sopravvivere, comprende bene che deve dare tutto per quell’unico lavoro. (Constantin Regamey)

È uscito per Alpha Classics il quarto disco prodotto dal festival di musica da camera di Lockenhaus, nato sotto l’egida di Gidon Kremer e oggi firmato dalla direzione artistica del violoncellista tedesco Nicolas Altstaedt.

Un album tutto sommato breve – sono 49 minuti di musica – nel quale Altstaedt accosta due opere di intensità conturbante: il Trio per archi op. 45 di Arnold Schönberg, scritto dopo il terribile attacco cardiaco che colse il compositore nel 1946, riducendolo in fin di vita, e il quintetto per clarinetto, fagotto, violino, violoncello e pianoforte di Costantin Regamey, che in queste pagine riversa tutto lo sconvolgimento, lo strazio e la disperazione della Varsavia occupata dai nazisti.

La lettura del Trio op. 45 offerta da Ilya Gringolts, Lawrence Power e dallo stesso Altstaedt scava senza renitenza alcuna nel delirio della malattia, e rende con intensità drammatica il tormento di una convalescenza penosa, che alternò momenti di intensa sofferenza a momenti in cui la forte sedazione farmacologica generava un senso di pace apparente. Il fraseggio di queste pagine è accidentato, pieno di contrasti anche violentissimi; le dissonanze aspre ed esasperate. Il materiale melodico, incoerente e giustapposto senza soluzione di continuità, si snoda nel suo incedere frammentato, fra idee musicali appena enunciate e subito abortite.

Per contro, la struttura musicale è delineata con un’architettura solidissima. Gli archi indugiano sulle reminiscenze tonali e rendono con una dolcezza inaspettata i frammenti lontani dei valzer viennesi, rinnegando il neoclassicismo della produzione dodecafonica a favore di un nuovo impressionismo.

Al Trio op. 45 di Schönberg è accostato il monumentale Quintetto di Costantin Regamey, eseguito per la prima volta in segreto il 6 giugno del 1944, il giorno dello sbarco in Normandia: lo stesso che Jürg Stenzl definì – in analogia con Messiaen – il “Quintetto per la fine dei tempi”.

Regamey era arruolato nella resistenza polacca; conobbe da vicino l’orrore di Varsavia in rivolta e la brutale vendetta che si abbatté sui seguaci di Komorowski.

Qui, il pianoforte di Alexander Lonquich – magistrale grandangolo di un quintetto che affronta le temperie di queste pagine con rigorosa riflessione – incontra un Altstaedt ancora più affilato, contrappuntato dal violino di Gringolts accanto a Bram van Sambeek al fagotto e a Reto Bieri al clarinetto.

La struttura è nervosa, aspra e strumentalmente impervia, pure nel colore nostalgico di un pezzo che è spesso squarciato da canti struggenti e da un orizzonte tonale svaporato, almeno nel movimento centrale, dall’uso della dodecafonia. Denso e penetrante il terzo movimento, in cui il ritmo ostinato e percussivo è reso con una spirale febbrile di contrasti sempre più esacerbati.

 

 

SCHOENBERG STRING TRIO & REGAMEY QUINTET

Nicolas Altstaedt, violoncello

Ilya Gringolts, violino

Lawrence Power, viola

Reto Bieri, clarinetto

Bram van Sambeek, fagotto

Alexander Lonquich, pianoforte

Kammermusikfest Lockenhaus Edition

 

 

 

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