Un ponte tra Europa e America. Intervista al mandolinista Paulo Sá.

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di Stefano Teani

Mandolinista brasiliano, professore associato presso la Scuola di Musica dell’Università Federale di Rio de Janeiro, sua città d’origine, Paulo Sá (61 anni) si dedica all’insegnamento del mandolino e alla ricerca accademica. Ha ottenuto un dottorato in Musica presso l’Uni-Rio e un master in Musicologia presso Centro Universitario del Conservatorio Brasiliano di Musica di Rio de Janeiro, entrambi dedicati alla forma musicale tradizionale del choro; oggi coordina il progetto di ricerca “Performance e musica brasiliana: improvvisazione, articolazione e sonorità”. Con più di 30 anni di carriera divisa tra insegnamento e produzione artistico-musicale, si è esibito come solista con formazioni da camera e orchestre in Brasile, Europa e Stati Uniti. L’edizione 2023 di Cremona Musica International Exhibitions and Festival lo ha visto tra gli ospiti di punta dell’Acoustic Guitar Village, la rassegna dedicata agli strumenti a plettro e a pizzico.

 

 

 

Caro Maestro, è stata la sua prima esperienza a Cremona Musica?

Sì, è stata la prima volta. È un luogo incredibile: la vastità degli spazi e la ricchezza delle proposte provocano, all’inizio, quasi un senso di spaesamento – infatti il primo giorno mi sono perso [ride]. Io sono abituato a contesti accademici più chiusi e inquadrati: a Cremona invece le persone potevano muoversi liberamente, alcune si fermavano ad ascoltare, anche solo per qualche momento. Per me è stato anche un test, per vedere le mie reazioni di fronte a tante novità: il secondo giorno, infatti, ho capito che questo è esattamente ciò che si ripropone di ottenere la fiera. Se l’anno prossimo sarò nuovamente invitato – e mi auguro davvero che ciò accada – sarò più preparato, più aperto ad accogliere il maggior numero possibile di esperienze e sensazioni che mi verranno offerte.

 

 

Poco fa ha menzionato il mandolino brasiliano. Che differenza c’è rispetto al mandolino a cui noi italiani facciamo riferimento?

Il “vostro” è il mandolino napoletano. La differenza più evidente rispetto a quello brasiliano sta nella forma della parte dorsale: circolare il primo, piatto il secondo. Anche dal punto di vista sonoro c’è una differenza, ovviamente: quello brasiliano, infatti, ha un suono più “aperto”, più ricco di armonici, mentre quello napoletano ha un attacco più nitido, potremmo dire che perde armonici in virtù di una maggiore precisione. Sicuramente dipende anche dalla differenza di repertorio. Facciamo un esempio: la tecnica del tremolo su quello italiano risulta più efficace nel sostenere le note, mentre nell’altro suona più come un abbellimento, come potrebbe avvenire nel repertorio barocco.

 

 

Quindi il criterio di distinzione è rappresentato anche dal repertorio?

Sicuramente è un aspetto rilevante. La letteratura in ambito brasiliano è rappresentata prevalentemente dalla musica choro: nato nell’Ottocento, e cresciuto in particolare a Rio de Janeiro, è un modo tipicamente brasiliano di suonare tutte quelle forme importate dall’Europa, quali la polka, la mazurca ecc. Gli interpreti di musica popolare hanno cominciato a eseguire il repertorio colto europeo e così, passo dopo passo, è nato questo nuovo genere musicale, il primo proveniente dal Brasile.

 

E lei esegue anche repertorio europeo?

Sì, quando ho cominciato a studiare il mandolino ovviamente affiancavo all’esecuzione della musica choro tanti brani classici, come i concerti di Vivaldi. Mi considero un tramite fra il mondo classico e quello popolare, perché fin da quando ero piccolo mio padre ascoltava di tutto, da Schönberg alla samba. Per me si tratta di un tema ricorrente: al momento sono impegnato in un post dottorato in Svezia, dove il mio team sta sviluppando un progetto che riguarda proprio l’ibridizzazione in musica.

 

Com’è strutturato il percorso di studi in Brasile per chi suona il mandolino?

Ottima domanda. Tradizionalmente si guarda alla musica choro, ma a me interessa che il corso di studi formi musicisti, non semplici mandolinisti. Per questa ragione presento ai miei studenti altri tipi di musica, in particolare quella europea. Ovviamente non andiamo troppo nel dettaglio con lo studio dello stile, perché dobbiamo occuparci anche la musica brasiliana ed è un corso di soli 4 anni. In proporzione dedico 3 anni allo studio del repertorio nostrano e 1 a quello classico occidentale e jazz.

 

Suona anche jazz?

Sì, mi piace molto e ho anche composto dei brani che rientrano in questo genere. D’altra parte la bossa nova in Brasile ha influenzato profondamente il jazz, con concatenazioni armoniche più sofisticate e audaci, quindi il mio approccio e le mie composizioni risentono di questa eco. Ai miei allievi cerco di insegnare proprio questo: la voglia di spaziare, di avere una panoramica più ampia possibile sulla musica. L’obiettivo è quello di formare musicisti capaci di esprimersi al meglio con lo strumento che hanno scelto, non semplici esecutori.

 

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