Una fisarmonica attraverso i secoli – Intervista a Marie-Andrée Joerger

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di Salvatore Sclafani

Fisarmonicista di fama internazionale, Marie-Andrée Joerger affianca alla sua attività di interprete una profonda vocazione per la pedagogia. Un’aspirazione cosmopolita la accompagna sin dagli studi, svolti in quattro diversi paesi: Francia, Germania, Svizzera e Italia. Adesso Marie-Andrée abita a Strasburgo, al centro dell’Europa e insegna fra la Francia e la Svizzera: è, infatti, docente di Fisarmonica al Conservatoire à rayonnement régional e all’Académie supérieure de musique – Haute école des arts du Rhin di Strasburgo, e di Pedagogia e Didattica all’Hochschule der Künste di Berna.

La sua carriera la porta ad esibirsi in sale come la Konzerthaus e la Philarmonie di Berlino, la Philarmonie di Parigi, la Tonhalle di Zurigo e l’Opéra di Lione. Impegnata nella musica contemporanea, collabora con diversi compositori fra cui Thierry Escaich, del quale esegue nel 2019 la prima opera assoluta per fisarmonica sola alla Philarmonie di Berlino.

Camerista affermata, suona frequentemente in duo con l’organista Vincent Dubois (titolare dei grandes-orgues di Notre-Dame di Parigi) ed è membro dell’ensemble contemporaneo Linea.

Il 16 aprile 2021 uscirà il suo primo disco consacrato alla fisarmonica solista: Bach en Miroir, per l’etichetta Klarthe, progetto discografico che vuol essere un omaggio alla forma del Preludio e Fuga, non soltanto nell’inimitabile scrittura bachiana ma anche nel linguaggio di altri compositori di diverse estetiche ed epoche storiche. Un lavoro che mette accanto capolavori del passato e creazione contemporanea.

 

In Bach en Miroir, i preludi e fughe di Johann Sebastian Bach occupano sicuramente un ruolo centrale nella tracklist e rappresentano il filo conduttore del disco. A cosa si deve questa scelta?

Il mio rapporto con Bach è molto particolare. Ho nutrito un amore per questo compositore sin da bambina… addirittura, da quando ero ancora nella pancia di mia mamma! Sembra che, nei momenti in cui ero più agitata, la musica di Bach fosse l’unica cosa che potesse calmarmi. Ho poi continuato ad ascoltarlo durante tutta la mia infanzia e la mia adolescenza fino a quando, fra i sedici e i diciassette anni, decisi che un giorno avrei inciso un disco dedicato a lui. Bach en Miroir è un sogno che si realizza.

I preludi e fughe sono spesso eseguiti dai fisarmonicisti; anche nei concorsi vengono presentati con frequenza. Sono brani destinati alla tastiera e per questo possono essere interpretati alla fisarmonica senza bisogno di trascrizione. Anzi, la fisarmonica apporta loro un colore diverso e una nuova dimensione poetica; in questo senso, è possibile fare un parallelo con l’organo, anche se la fisarmonica presenta una gamma di mezzi espressivi che la rendono più reattiva e versatile.

Se Bach può essere considerato il padre fondatore del Preludio e Fuga, allo stesso tempo ho voluto inserire nel mio progetto altri compositori che si sono distinti nella scrittura di questa forma musicale. Ecco perché ho voluto alternare, come in un gioco di specchi, alcuni preludi e fughe di Bach con altri brani dalla struttura simile, ma legati ad estetiche di epoche successive. È il caso del Preludio e Fuga in re minore di una sorta di “omologo” francese di Bach, Claude Balbastre, che sposò la figlia di Jacques-Martin Hotteterre. Vorrei sottolineare che si tratta, in questo caso, di un elemento biografico rilevante e che lega Balbastre a Bach, poiché Hotteterre scrisse nel 1719 un importante trattato, L’art de préluder sur la flüte traversière, ammirato dallo stesso Bach e che rende Hotteterre fra gli iniziatori e i teorici del Preludio, forma in origine estremamente vicina all’improvvisazione.

Il disco include anche opere di Wolfgang Amadeus Mozart, un altro compositore che amo e che ho sempre voluto incidere. È molto complesso interpretarlo alla fisarmonica, soprattutto per via della sua scrittura essenziale. Mozart era un grande estimatore di Bach e scrisse sei preludi e fughe ispirati al grande Maestro tedesco: infatti, i preludi sono composizioni originali di Mozart e sono seguite, ancora una volta in un gioco speculare, da fughe composte dallo stesso Bach.

 

Tra i compositori scelti c’è anche Clara Schumann, e sono presenti altri autori più recenti, addirittura contemporanei.

 Sì, ho voluto inserire uno dei tre preludi e fughe di Clara Schumann, il Preludio e Fuga n.1, Op. 16 non soltanto perché era mio desiderio che fosse presente una compositrice, ma anche perché volevo mettere in luce la sua sensibilità romantica. I suoi tre preludi e fughe dalla forma rigorosa e complessa, sebbene scritti nel 1845, saranno editi a New York soltanto nel 1989.

Inoltre, anche Max Reger, compositore attivo fra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo e particolarmente legato a Bach, è presente in questo progetto. Il brano che presento, Preludio e Fuga n. 2, Op. 99, è stato originariamente scritto per pianoforte.

Infine, ho inciso un’opera di Thierry Escaich, compositore francese contemporaneo in continuità con il linguaggio di Olivier Messiaen e Henri Dutilleux. Anche Escaich è fisarmonicista, da giovane ha partecipato alla Coupe Mondiale d’Accordéon, anche se ha poi deciso di dedicarsi all’organo e alla composizione. Thierry è un amico e visto che adoro la sua musica, gli ho chiesto di scrivere un preludio e fuga per fisarmonica, per me. Così, nel disco è presente la sua prima opera per fisarmonica sola; il suo Prélude et Fugue prevede un’esecuzione senza pause. E la Fugue non è una fuga semplice, ma… doppia!

L’idea alla base del disco è mettere dunque allo specchio diversi compositori, seguendo il filo rosso di Bach e con la figura di Mozart al centro di questo viaggio nel tempo. Inoltre, dato che lo stesso Bach era particolarmente affascinato dalla numerologia, ho voluto dare importanza simbolica all’aspetto del “numero” nella scelta dei suoi preludi e fughe inclusi nel progetto: a partire dal Preludio e Fuga in do maggiore, BWV 846, seguono i preludi e fughe n. 3, 6, 8, 12 e 24, estratti dai due volumi de Il clavicembalo ben temperato. Nulla è stato lasciato al caso: ed è anche per questo motivo che la realizzazione del disco è durata tre anni in totale!

 

Quali compositori hanno scritto espressamente per fisarmonica?

Fra i più recenti, Luciano Berio con la Sequenza XIII, Salvatore Sciarrino con Vagabonde Blu, ma anche Sofija Gubajdulina, autrice di numerose opere per bayan, un tipo di fisarmonica cromatica a bottoni, diffusa in Russia. In Francia, un altro compositore contemporaneo che ha scritto per fisarmonica è Philippe Hersant. Le sue opere sono particolarmente apprezzate in questo momento.

Andando più indietro nel tempo, Pëtr Il’ič Čajkovskij, che utilizza un quartetto di fisarmoniche nella Suite n 2 in do maggiore, Op. 53 per orchestra e Paul Hindemith, che inserisce una fisarmonica nella sua Kammermusik n. 1, Op. 24. La fisarmonica presta la sua versatilità anche in numerose composizioni cameristiche e operistiche contemporanee. Si tratta di un vero e proprio strumento camaleontico, capace di creare, nell’orchestra, una mediazione timbrica fra i fiati e gli archi.

 

E ai concorsi, quali sono i repertori più eseguiti?

Sicuramente il repertorio barocco per tastiera: non soltanto Bach, ma anche Domenico Scarlatti, Jean-Philippe Rameau e François Couperin. Sono spesso presentati anche brani di estetica classica. Tuttavia, il repertorio pianistico di epoca romantica è più difficile da interpretare, soprattutto a causa del pedale del pianoforte, capace di produrre una risonanza specifica che non può essere resa nello stesso modo alla fisarmonica. Infine, le numerosissime trascrizioni consacrate al nostro strumento costituiscono ancora un mondo da scoprire e riscoprire.

 

Quali sono le specificità tecniche della fisarmonica? E quanti tipi ne esistono?

Anzitutto, è importante fare una distinzione. Malgrado la fisarmonica presenti spesso modelli, accordature e colori diversi a seconda delle latitudini, è possibile ridurre a due i tipi fondamentali: il primo è quello tradizionale, in cui si alternano, a sinistra, i bassi e gli accordi e che è anche utilizzato per accompagnare il canto; il secondo è quello classico, che presenta sia il sistema alternato di bassi e accordi della fisarmonica tradizionale sia quello coi bassi mobili, permettendo così di realizzare anche scale cromatiche. Quest’ultimo è il tipo di strumento che utilizzo.

Tuttavia, ritengo che si facciano ancora troppe distinzioni fra la fisarmonica tradizionale e quella classica. Per quanto sia sicuramente uno strumento legato al folklore, penso che la fisarmonica debba ormai essere considerata nel suo complesso, vista la sua dimensione importante anche nella musica colta. Frequentemente, il fisarmonicista è costretto a dover specificare “quale” repertorio, popolare o classico, interpreti. Si può suonare tutto alla fisarmonica: per questo, dire semplicemente « Sono fisarmonicista » è già abbastanza. Mi rendo conto che la strada da fare è ancora lunga, anche perché si tratta di uno strumento la cui invenzione, relativamente recente, risale al 1829.

 

Sei particolarmente attiva nella musica contemporanea e collabori regolarmente con dei compositori. Che sfide pone alla fisarmonica il linguaggio musicale contemporaneo?

 La prima sfida consiste nel far comprendere al compositore l’effettivo funzionamento della fisarmonica. Nonostante essa stia conoscendo di recente un successo crescente, soprattutto nell’ambito della musica contemporanea, si tratta comunque di uno strumento relativamente poco diffuso: ciò rende meno immediato l’accesso alla sua prassi esecutiva. Tuttavia, una volta oltrepassata questa soglia iniziale, è davvero entusiasmante lavorare in collaborazione con i compositori per far nascere un’opera. Inoltre, da interprete, sono spinta a fornire un apporto personale alla composizione sin dalla sua concezione: spesso, mostro ai compositori certi effetti, certe tecniche di produzione sonora specifiche della fisarmonica, capaci di infondere un contenuto nuovo (e a volte imprevisto) al brano. In questo senso, la fisarmonica può davvero condurre a una creazione nella creazione: è uno strumento sorprendente, foriero di possibilità espressive sottili e inattese dagli stessi compositori.

 

Fra le tue attività in formazione cameristica, spicca il duo con Vincent Dubois, titolare dei grandes-orgues di Notre-Dame a Parigi e direttore del Conservatoire à rayonnement régional di Strasburgo. Quali aspetti curate maggiormente nel contatto fra organo e fisarmonica, soprattutto dal punto di vista timbrico?

Quando si fa musica in duo con l’organo, il suono non arriva mai da dove te lo aspetti. È molto difficile  cogliere visivamente il legame fra le canne dello strumento e le vibrazioni sonore da esse prodotte. Ma proprio per tale ragione, ritengo questa particolare formazione una sfida affascinante. L’organo può funzionare come un’orchestra e non a caso Mozart lo considerava il re fra tutti gli strumenti. La sua potenza sonora impone una particolare attenzione agli equilibri fra i volumi, dato che le possibilità della fisarmonica sono più limitate in tal senso: a volte, devo addirittura ricorrere a un microfono. I due strumenti presentano comunque una certa continuità dal punta di vista timbrico, vista la loro simile produzione sonora, basata sulla vibrazione di ance. Ciò crea spesso dei suggestivi effetti di mescolanze sonore, al punto da non riuscire a discernere facilmente quale dei due strumenti stia suonando.

Infine, un’ulteriore difficoltà è rappresentata dall’adattamento costante della fisarmonica alle caratteristiche specifiche e ai registri di ciascun organo: ciò rende estremamente diverso ogni nostro concerto.

Adoro suonare in questa formazione: non soltanto perché Vincent è un musicista straordinario, ma anche per la sua dinamica cameristica così esigente e specifica. E poi, è una sensazione così gradevole suonare in duo con l’organo: ci si sente totalmente abbracciati e sostenuti dalle sue vibrazioni come se fosse un’orchestra a suonare.

 

Sei docente di Fisarmonica al Conservatoire à rayonnement régional e all’Académie supérieure de musique – HEAR di Strasburgo, oltre che di Pedagogia e Didattica alla Hochschule der Künste di Berna. Come interpreti il tuo ruolo di insegnante in queste diverse istituzioni?

Un insegnamento così tripartito implica un adattamento costante alle esigenze di allievi di età e livelli diversi. L’elemento in comune è la riflessione continua sulla mia pratica di musicista-insegnante.

Con i bambini, la priorità è suscitarne la motivazione, dar loro il gusto per la musica, farli concentrare sulla pratica quotidiana dello strumento e metterla in relazione con la loro crescita nella società attuale, così densa di stimoli e attività eterogenee.

Diverso, invece, è l’approccio con gli allievi più grandi: mi rendo conto che per molti di loro è necessario un vero e proprio lavoro di coaching da parte mia, per mantenere sempre viva la loro costanza nello studio. E mi sembra che questa forma di accompagnamento continuo, quasi eccessivo, sia purtroppo molto più necessaria adesso, con le attuali generazioni di allievi.

In particolare nel mio lavoro con gli studenti di Berna, “apprendisti insegnanti”, ritengo fondamentale suscitare continuamente la loro curiosità intellettuale. Mi piace spingerli a una profonda critica interiore, ad agire come dei ricercatori nel vastissimo e inesauribile campo della pedagogia musicale, cercando delle piste non soltanto in Svizzera ma a tutte le latitudini.

In un’epoca in cui siamo travolti dall’informazione, quasi non sentiamo più il bisogno di cercare il sapere. Cerco di contrastare questo stato di cose durante le lezioni, facendo diverse domande ai miei studenti e invitandoli a un’auto-riflessione continua. Per me, il ruolo del professore deve consistere nel guidare gli allievi attraverso l’esercizio di una forma di maieutica che permetta loro di trovare dei contenuti di sapere già dentro se stessi, ma che sia allo stesso tempo rispettosa dell’identità di ciascuno di loro. E quest’ultima è una priorità per me.

 

Il Conservatoire di Strasburgo è un’istituzione che accoglie, fra i suoi allievi, sia bambini che adulti. Come si articola il tuo insegnamento attraverso queste diverse fasce di età? E in che modo la tua professione di docente di Fisarmonica al Conservatoire contribuisce alla diffusione del tuo strumento?

 Al Conservatoire di Strasburgo insegno in binomio con un assistente. Nonostante affidi generalmente a lui gli allievi più piccoli, mi piace continuare a mantenere una continuità pedagogica forte con i bambini. In questo momento, tra l’altro, mi sto occupando della scrittura di un metodo per fisarmonica. La ricerca metodologica, la costruzione e la diversificazione di progetti, l’accompagnamento alla scoperta non solo di altri strumenti oltre alla fisarmonica, ma anche di diverse arti come la danza e il teatro, costituiscono a mio avviso le tappe essenziali di un percorso di formazione efficace. Ritengo fondamentale il contatto, sin dall’infanzia, con la cultura musicale di qualità: per questa ragione, lo studio settimanale dei miei allievi non si esaurisce alla mera pratica dello strumento, ma abbraccia anche l’ascolto critico di un disco, da analizzare e commentare durante la lezione.

Da insegnante e soprattutto fisarmonicista, una delle mie priorità è far sì che la fisarmonica sia sempre più riconosciuta e apprezzata. Per questo, nel lavorare con i colleghi, e specialmente nella concezione e realizzazione di progetti pedagogici e artistici, la sfida comune è di contribuire alla sua diffusione.

La classe di Fisarmonica del Conservatoire è molto giovane: è stata creata soltanto sei anni fa; mi sto quindi impegnando tanto, con gli altri insegnanti del dipartimento Tastiere, nel far conoscere la ricchezza, il valore e la varietà di questo strumento, così pratico e versatile. È incoraggiante vedere come la fisarmonica sia sempre più apprezzata e coinvolta nelle attività artistiche degli allievi. Ultimamente, sono stata anche piacevolmente sorpresa dalle parole di alcuni violinisti, entusiasti dalla collaborazione con la fisarmonica, particolarmente per il suo ruolo di sostegno dell’intonazione in formazione cameristica, poiché permette una produzione sonora prolungata e stabile.

Credo fortemente negli scambi internazionali con altre classi d’Europa: ultimamente, sono stata in contatto con l’Olanda, l’Italia e la Polonia. E fra gli studenti, ho più stranieri che francesi! Non penso che sia un caso; credo si tratti piuttosto di un riflesso dell’identità cosmopolita di Strasburgo.

Al Conservatoire, siamo attivi anche sul piano della musica contemporanea e organizziamo spesso collaborazioni con compositori, che sfociano poi nella realizzazione e registrazione di numerose premières da parte degli allievi. Le loro esecuzioni vengono poi diffuse su YouTube e rappresentano davvero una bella soddisfazione per gli studenti alle prese con le prime esperienze artistiche importanti, soprattutto nell’attuale momento di difficoltà per l’arte e lo spettacolo dal vivo: attività come queste aiutano a ritrovare il senso della formazione musicale e dell’educazione alla cultura.

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