Una simbiosi armonica nata a Venezia. Intervista a Giulio De Nardo.

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di Maria Musti

Giulio De Nardo, 29enne clavicembalista trevigiano, il suo ensemble, il Sestier Armonico, Bach e Venezia: questi i protagonisti di un’interessante produzione discografica, «Bach in Venice», edita da Divox Antiqua. Progetto dalla fortissima carica innovativa, in quanto si tratta di un’operazione di sovrapposizione e fusione delle partiture originali di Antonio Vivaldi e Alessandro Marcello con la trascrizione bachiana per Klavier, che ha generato sei nuovi concerti per clavicembalo e orchestra.

Ma come nasce un’idea così inconsueta? Facciamocelo raccontare dallo stesso De Nardo.

 

Maestro De Nardo, a che età si è avvicinato alla musica?

Verso i 6 o 7 anni. Ho poi proseguito il mio percorso prima in Conservatorio, a Vicenza, dove ho conseguito nel 2016 il diploma accademico di primo livello in organo, e poi a Basilea, alla Schola Cantorum Basiliensis – centro di eccellenza per lo studio e l’approfondimento della musica antica – dove ho conseguito sia il master in organo che quello in clavicembalo.

 

Ha cominciato studiando pianoforte e organo. Per quale motivo ha scelto il secondo?

 Mio padre è un grande appassionato di musica antica e ama in particolare il repertorio organistico: ascoltavamo molti Cd, andavamo ai concerti…

A Treviso gli organi storici sono numerosissimi e perfettamente restaurati. Ho potuto studiare su questi strumenti, avendo a disposizione ogni volta quello più adatto al repertorio che stavo affrontando. Ciò ha alimentato la mia passione.

 

Quando si è avvicinato al clavicembalo, invece?

 Organo e clavicembalo sono due strumenti con molte caratteristiche in comune e da sempre molti organisti sono anche clavicembalisti. Anche il mio primo insegnante, Giampietro Rosato, lo è, e io fui subito incuriosito dal suo strumento. Ufficialmente ho iniziato a studiarlo quando sono entrato in Conservatorio: il corso di organo comprendeva infatti anche quello di “cembalo complementare”, tenuto da Patrizia Marisaldi, allieva di Emilia Fadini e Ton Koopman.

 

Parliamo del disco “Bach in Venice”: come ha maturato l’idea di questa creazione?

L’idea è nata al termine del mio percorso di studi a Basilea. L’esame finale consiste in un concerto, che non deve essere solo un recital: il programma infatti deve comprendere almeno un brano per cembalo solista accompagnato da altri strumenti. Inizialmente avevo pensato di eseguire un concerto per cembalo ed archi di Bach ma, pur vivendo all’estero, sono rimasto legato al mio territorio e alla sua musica e quindi avevo il desiderio di presentare un brano che esprimesse questo legame.

Confrontandomi con il mio insegnante, Andrea Marcon, venne fuori l’idea di creare un concerto sovrapponendo il concerto in Mi maggiore di Vivaldi con la relativa trascrizione in Do maggiore per cembalo solo realizzata da Bach. Mi misi al lavoro, aiutato dai suggerimenti del mio maestro: l’esperimento sulla carta prometteva bene, e dopo la prima prova a due clavicembali mi resi conto che funzionava anche la resa sonora. La conferma fu la prima prova con gli archi, che mi ha convinto a proseguire il lavoro di “concertazione” con altri concerti vivaldiani e con il concerto in re minore per oboe e orchestra di Alessandro Marcello.

Il progetto ha suscitato l’interesse della Fondazione Cariverona, che lo ha sostenuto nella sua realizzazione.

 

Lavorando all’incastro/sovrapposizione dei due elementi ha avuto dei problemi nell’incontro delle parti?

 Quasi nessuno, perché Bach ha rispettato le musiche e le intenzioni musicali originali: ho utilizzato la trascrizione cembalistica senza apportare modifiche, in quanto non sono emerse divergenze sostanziali. Le mie variazioni sono minime e hanno sempre dato priorità alle scelte di Bach. Anche i tempi di esecuzione tengono conto delle esigenze tecniche dello strumento: eseguire al clavicembalo i passaggi solistici in origine destinati al violino impone una scelta di tempi diversa.

 

Può dirmi qualcosa in più di queste variazioni?

 Il primo movimento del concerto di A. Marcello è più lungo di qualche battuta rispetto alla trascrizione, ho seguito la versione bachiana. Nel secondo movimento dello stesso concerto l’accompagnamento degli archi durante il solo è scritto in crome, cosa mantenuta nella trascrizione bachiana. Ho effettuato un piccolo adattamento “di gusto” scrivendo la parte degli archi in semiminime: l’effetto complessivo è più leggero.

 

Com’è nato il Sestier Armonico?

 L’ensemble è nato ufficialmente nel 2021 con questa registrazione, che è stata l’occasione di formare un gruppo di amici con cui condividere le gioie della musica. Ho sempre desiderato  suonare con altri: il mondo dell’organo è affascinante ma spesso solitario.

Ci siamo conosciuti a Basilea, amiamo lo stesso tipo di musica, c’è tra noi amicizia e stima.

 

Realizzerete altri progetti di questo tipo?

Per ora non abbiamo in programma progetti che prevedano una rielaborazione così radicale di partiture originali. Stiamo lavorando su delle novità “inedite”, che preferisco non rivelare ancora.

 

Può raccontarmi cosa rappresenta il vostro logo?

Oltre al nome, anche il nostro logo evidenzia il legame affettivo con Venezia. Combina armonicamente una chiave di violino tratta da un manoscritto di Bach e il ferro di prua di una gondola. Lo completano sei linee – come i sei quartieri di Venezia, i “sestieri” – delle quali solo una, che nelle gondole simboleggia la Giudecca, attraversa la chiave, le altre cinque no, riecheggiando in questo modo il pentagramma.

 

Il vostro Cd è stato presentato al Museo Correr, a Venezia. Che emozioni ha provato?

Durante una pausa nelle prove, guardando fuori dalle finestre che si affacciano su piazza San Marco, ho pensato con emozione che Vivaldi ha passeggiato a pochi passi da dove mi trovavo.

 

Auguri di una luminosa carriera a Giulio De Nardo e al Sestier Armonico. Il Cd “Bach in Venice” è disponibile su Amazon, Naxos, Apple Music, Spotify.

 

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