Fra responsabilità pedagogica e dinamica creativa. Intervista a Fabrizio Puglisi.

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di Salvatore Sclafani

Pianista, compositore, insegnante, Fabrizio Puglisi è una figura prismatica. Docente al Conservatorio di Musica “Vincenzo Bellini” di Caltanissetta, è una personalità importante nel panorama musicale contemporaneo. Al suo attivo come compositore, numerosi lavori editi e recensiti (fra gli altri, da Suonare news) ed altri in attesa di pubblicazione. Convinto del profondo potere comunicativo della musica, è fautore della trasmissione del patrimonio della tradizione e della diffusione della cultura in un territorio non sempre semplice come la Sicilia.

 

Gli studenti di oggi ascoltano musica contemporanea?

 Sono docente di Prassi pianistica e Letteratura dello strumento sia al triennio che al biennio. Gli stimoli sono tanti, lavoro con repertori da Bach in poi e con studenti di fasce d’età molto diverse: dai ragazzi agli adulti. Spesso, chiedo loro quali predilezioni mostrano per la musica moderna e contemporanea, anche se i compositori-pianisti cui in genere fanno allusione non esprimono la musica seria che ho in mente.

Ho anche ripreso scherzosamente questo linguaggio in un mio brano che non ho ancora pubblicato e che ho intitolato Allevi…ando lo spirito.

 

Alcune delle sue opere sono state trasmesse dal canale Stingray Classica.

Qual è la sua opinione sulla diffusione della musica classica e contemporanea online e in televisione?

Stingray rappresenta sicuramente un importante canale multimediale, online e televisivo, che offre numerosi servizi in tanti Paesi.

Anche in Italia esistono canali specializzati, ma mi piacerebbe assistere più di frequente a delle trasmissioni musicali specializzate, in prima o in seconda serata. C’è davvero bisogno di cultura nel nostro Paese: al di là degli studenti o degli addetti ai lavori, ritengo che il pubblico italiano non conosca abbastanza il linguaggio della musica d’arte per la cui migliore fruizione occorre, tra l’altro, almeno una certa consuetudine, se non una vera e propria educazione all’ascolto.

 

Quali sono le influenze alla base delle sue composizioni?

 Derivano dagli studi di composizione con Eliodoro Sollima, che è stato mio maestro per molti anni. Parlavamo spesso di Johannes Brahms e cominciai, così, a esplorare quel linguaggio.

Si tratta di un compositore ormai molto distante dalla nostra epoca, ma durante la mia formazione era considerato “moderno” per i programmi del Vecchio Ordinamento. In ogni caso, ha sempre rappresentato, per me, una figura di riferimento. Ritmo, melodia e armonia costituiscono la base della mia poetica, insieme al patrimonio della tradizione. Da pianista, poi, sono un grande estimatore della ricerca di Franz Liszt, Ferruccio Busoni e Sergej Rachmaninoff.

Insomma, sono legato ai musicisti del passato e chi conosce le mie opere lo percepisce. In tal senso, una mia composizione come Forgotten music esprime in maniera efficace il mio linguaggio, con i suoi richiami alle danze tardoromantiche e una piena esplorazione delle possibilità espressive idiomatiche del pianoforte. Il brano è stato interpretato anche da Irene Veneziano.

Capisco gli sperimentalismi e le innovazioni linguistiche, ma solo se rimangono comunque disponibili a un contatto con il pubblico: la musica dev’essere un linguaggio comunicabile.

 

Quali repertori propone ai suoi allievi?

 Prevalentemente, musiche fra Settecento e Novecento, con uno sguardo alle creazioni contemporanee: per esempio,  apprezzo la scrittura di Alfredo Casella, compositore con cui si è formato il mio maestro di pianoforte, Vincenzo Mannino, che ha studiato anche con Paul Weingarten, a sua volta allievo di Emil Georg Conrad von Sauer, discepolo di Liszt (e spesso ritenuto il suo “legittimo erede”). Consiglio, poi, ai miei studenti di andare alla ricerca di capolavori ancora inesplorati o di autori poco conosciuti. È importante, in un momento come quello attuale, in cui i repertori della tradizione sono estremamente eseguiti, rivolgere la propria attenzione a brani e compositori meno diffusi.

Propongo poco Fryderyk Chopin, nonostante costituisca indubbiamente un caposaldo imprescindibile della letteratura pianistica: tuttavia, lo trovo estremamente complesso e spesso di difficile accesso, vocato ad un pianismo sottile, non per tutti.

Mannino mi diceva che il pianista concertista deve essere sempre pronto a eseguire tutti e 24 gli Études del grande compositore romantico. Emulando Chopin, ho voluto anch’io scrivere, secondo tradizione e “con i crismi antichi”, i miei Studi : dodici, per la precisione. L’ultimo, virtuosistico e da concerto, si ispira al Capriccio n. 9 “La caccia” di Niccolò Paganini, sul cui tema hanno scritto anche Liszt e Robert Schumann.

 

Anche la musica contemporanea merita di essere eseguita con più continuità.

 Senza dubbio, e io cerco di ingegnarmi come posso. Per esempio, ultimamente ho approfondito con i miei studenti alcune opere di un contemporaneo come Claudio Corradini.

Si fa poco per diffondere la musica attuale: è importante suonarla, conoscerla e contribuire a cancellare il pregiudizio secondo cui il linguaggio contemporaneo allontani gli ascoltatori; non sempre è il caso.

 

Cosa significa per lei insegnare nel Conservatorio della sua città?

Ne sono orgoglioso, anche se la nostra situazione geografica rende difficile il contatto con le molteplici espressioni della cultura sia in ambito nazionale che internazionale; lo scambio e gli incontri sono importanti sia per conoscere, sia per farsi conoscere. Tuttavia, pur se relativamente isolati, portiamo e trasmettiamo ai giovani ciò che di meglio abbiamo imparato e conosciuto. Parlo spesso loro di Sollima e Mannino, e della loro importanza come musicisti siciliani. La Sicilia è sempre stata penalizzata in quanto regione del profondo Sud, ma siamo fortunati ad avere ancora viva in noi la memoria di queste figure, il cui insegnamento può dare ancora tanto ai nostri studenti. Cerco, dunque, di diffonderlo, insieme al mio contributo personale, restando sensibile ed aperto alle proposte e alle esperienze che provengono dagli allievi.

 

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