La “Politica della Musica”. Intervista a Valerio Vicari.

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di Stefano Teani

Valerio Vicari è il Direttore Artistico dell’Associazione Roma Tre Orchestra sin dalla sua fondazione nel gennaio 2005, coinvolto anche come socio fondatore. Dal dicembre 2022 presiede la commissione Musica del fondo PSMSAD di INPS, e nel 2023 è stato membro della commissione Festival, Cori e Bande del Ministero della Cultura. Laureatosi nel 2010 in Pubblica Amministrazione presso l’Università degli Studi Roma Tre, ha ottenuto il massimo dei voti e la lode. Con una laurea in Lettere già conseguita nel 2003, ha un background accademico eccellente. Vicari è un musicista con esperienza pluriennale in composizione sperimentale e pianoforte presso il Conservatorio di Musica “Santa Cecilia”. La sua leadership è stata evidente nell’ideazione e direzione della Roma Tre Orchestra, consolidando collaborazioni con istituzioni di prestigio e ottenendo riconoscimenti ministeriali per il suo contributo al panorama musicale. Contribuisce attivamente alla vita culturale e politica attraverso associazioni di categoria e iniziative didattiche all’Università Roma Tre.

 

Prima di addentrarci nella sua poliedrica attività, ci parli un po’ del suo percorso.

 La mia storia personale si intreccia molto con quella di Roma Tre Orchestra, perché l’idea è nata da studente di Roma Tre Università, nel 2001. Ho avuto una formazione letteraria con la prima laurea in Lettere, poi una in Scienze dell’Amministrazione, studiando anche Composizione all’Accademia di Santa Cecilia. Ho poi abbandonato la musica in prima persona perché è diventato presto evidente, all’interno di Roma Tre Orchestra, che non si poteva fare tutto, curando contemporaneamente amministrazione e parte artistica. Così ho scelto, senza rammarico, di occuparmi della prima, lasciando la seconda a professionisti talvolta anche molto importanti, che possono fare il bene dell’ente.

 

D’altra parte si è sempre occupato della direzione artistica, che in qualche modo cerca di coniugare i due aspetti: quello amministrativo e quello artistico.

Esattamente. Devo dire che la musica classica è l’amore della mia vita, mi accompagna da quando avevo sei anni. All’inizio il mio desiderio era di diventare musicista, quindi ho studiato pianoforte, contrabbasso e composizione; poi tutto questo si è unito all’altra mia passione, l’amministrazione e la politica. Coniugando le due cose mi sono trovato a lavorare in un settore ibrido, una sorta di “politica della musica”, perché la gestione di un ente si traduce anche nell’avere rapporti con Ministeri, Regioni, Comuni ecc. Il tutto al servizio di quell’amore per la musica di cui parlavo prima.

 

Sembra più una vocazione che un lavoro.

Si può riassumere dicendo una cosa, la più importante: nella mia attività non ho mai prodotti che sono frutto di pacchetti di agenzia ma solo ed esclusivamente concerti che ideiamo e realizziamo con artisti contattati direttamente. Gli artisti non mi vengono proposti da terzi, li trovo io o si candidano spontaneamente e vengono valutati caso per caso, arrivando poi a confezionare insieme l’evento. I programmi sono tutti studiati sulle esigenze e il percorso di Roma Tre Orchestra, così come i direttori che coinvolgiamo non sono mai “mandati” ma devono essere vicini al modello culturale che ci contraddistingue.

 

Questa volontà quasi idealistica di mantenersi impermeabili agli interventi esterni è sicuramente una caratteristica molto rara.

 La ringrazio per averlo sottolineato, ciò a cui teniamo di più è portare avanti il progetto di politica culturale che ci siamo prefissati.

 

Come riassumerebbe questo progetto culturale?

In estrema sintesi è il desiderio di diffondere la grande cultura musicale – della cosiddetta “tradizione” – nel pubblico in generale, con un occhio di riguardo per le nuove generazioni. Quella stessa voglia che mi animava 20 anni fa, quando volevo condividere questo amore per la musica con i miei coetanei, oggi i giovani sono altri ma il mio obiettivo è rimasto lo stesso.

 

Anche nella scelta degli artisti si nota una certa attenzione per i giovani.

Oggi il livello medio dei pianisti, per esempio, è altissimo, proprio per questo le occasioni  per esibirsi sono molto limitate. Trovo quindi eticamente importante coinvolgerli e dare loro spazio, in una tribuna di pieno rispetto artistico, senza relegarli a posizioni collaterali, facendo progetti strani di musica contemporanea o altre formule alternative. Al contrario, il nostro intento è di coinvolgerli in una rassegna che preveda l’esecuzione del grande repertorio, perché sono pienamente in grado di affrontarlo.

 

Quali sono le sfide che deve affrontare nel campo della divulgazione del grande repertorio?

È una tematica molto dibattuta. Se da una parte il fine è chiaro e non accetta compromessi (diffondere il grande repertorio), i modi devono adattarsi ai tempi. La formula tradizionale dell’artista sul palco col pubblico separato non convince più molto. Il nostro sforzo va quindi verso il coinvolgimento dell’ascoltatore, facendolo sentire parte di noi. In che modo? Tramite il contatto diretto, per esempio, disponendolo vicino all’artista che si esibisce. Alla fine dell’evento ha modo di parlare con gli interpreti e con me, condividendo opinioni e impressioni. Nella Young Artist Piano Solo Series i nostri soci votano per i pianisti, dandoci così alla fine dell’anno un vincitore che invitiamo a suonare nella rassegna con l’orchestra. Questo da una parte ci semplifica la scelta – perché tutti sarebbero candidati idonei ma lo spazio è limitato – dall’altra aiuta a far sentire il pubblico coinvolto nelle scelte artistiche.

 

E sul piano strettamente comunicativo?

Non ne faccio mistero, l’uso dei social network è molto importante. L’uso di grafiche accattivanti, reels e video che possano catturare l’attenzione di un pubblico più giovane. Non ci precludiamo di registrare momenti informali come la pizza post-concerto, un gelato in compagnia o un momento di relax al mare. Dobbiamo capire che la foto in spiaggia non inficia, per esempio, la conoscenza delle sinfonie di Mozart, al contrario ci serve per dare un senso di “normalità”. Deve passare il concetto che questi giovani artisti che suonano musica classica non sono strani animali al di fuori della società, sono persone ordinarie che fanno ciò che fanno tutti. Spesso ho avuto discussioni con colleghi che percepiscono l’esternazione magari dell’appeal di un artista come un’umiliazione professionale. È vero il contrario, sarebbe come nascondere la testa sotto la sabbia.

 

Soprattutto in una società basata sull’immagine come quella attuale.

L’importante è non scendere mai a compromessi con la qualità. Non inviterei mai un artista – uomo o donna che sia – in quanto bello/a. D’altra parte se quell’interprete, oltre a essere musicalmente valido, è anche esteticamente apprezzabile perché nasconderlo? Non mi sembra affatto incongruo utilizzare anche questa “arma”, se serve a promuovere l’evento, l’artista e la stagione.

 

Niente da eccepire. Vogliamo incoraggiare i giovani a bussare alla sua porta lasciando un recapito?

Volentieri, per suonare nell’orchestra teniamo ciclicamente audizioni. Invece per qualsiasi musicista che voglia spontaneamente candidarsi proponendo un progetto, può scrivere a orchestra@uniroma3.it. Se si tratta di un pianista lo invito a mandare il link a un video – anche di qualità bassa – piuttosto che un file audio, perché riesco a farmi un’idea più onesta della performance guardando e ascoltando insieme. Su questo punto ho dovuto dar ragione a Bruno Cagli, che venti anni fa mi disse di non ascoltare dischi ma solo concerti dal vivo. All’epoca mi sembrava una posizione forzata, oggi mi rendo conto che la registrazione ufficiale è tanto falsa, una bella mostrina da mettere sulle spalle ma poco realistica. A questo punto, pur restando nelle valutazioni parziali, però preferisco il video in presa diretta, più veritiero.

 

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