Les jeux d’eau à la Villa d’Este (I giochi d’acqua a Villa d’Este) di Franz Liszt: luminosa tavolozza di suoni e infinita poesia.

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di Smeralda Nunnari

«[La musica strumentale] cesserà di essere una mera combinazione di suoni e diventerà un linguaggio poetico forse più adatto della poesia stessa ad esprimere ciò che dentro le nostre anime trascende l’orizzonte comune, tutto ciò che elude l’analisi, tutto ciò che si muove nelle profondità nascoste del desiderio imperituro e dell’infinita intuizione…»

(Franz Liszt, Prefazione all’Album d’un voyageurAlbum d’un viaggiatore -, prima versione delle Années)

 

 Franz Liszt, celebre virtuoso del pianoforte, universalmente riconosciuto come uno dei più grandi musicisti di tutti i tempi, innovatore coraggioso nella composizione, impareggiabile direttore d’orchestra, nasce il 22 ottobre 1811 a Raiding, una cittadina ungherese, poco distante da Vienna, da una famiglia di origine tedesca. La sua biografia da cosmopolita, gran seduttore e, infine, da mistico rendono la sua personalità unica e affascinante. Il suo linguaggio originale e nuovo, i suoi poemi sinfonici per orchestra, tratti da motivi storici, pittorici, letterari o naturalistici e il suo immenso talento riescono a radunare, intorno a lui, molti studenti e a influenzare figure importanti del suo tempo: Frédéric Chopin, Hans von Bülow, Hector Berlioz, Richard Wagner, Cesar Franck, Camille Saint-Saëns, Bedřich Smetana, Edvard Grieg e Alexandre Borodin.

 

I giochi d’acqua a Villa d’Este appartengono al terzo volume delle Années de pèlegrinage, tre raccolte di pezzi per pianoforte: le prime due risalgono al 1835 e al 1837, ispirate rispettivamente dalle bellezze naturali della Svizzera e artistiche dell’Italia, attraverso i viaggi giovanili effettuati dal compositore ungherese, insieme a Marie de Flavigny, che abbandona il marito, conte d’Agoult, per seguire l’artista. Il terzo libro viene composto tra il 1877 e il 1882, quando ormai l’appassionante e burrascosa storia d’amore con Marie diventa solo un lontano ricordo e si conclude, anche, l’altra altrettanto tormentata vicenda amorosa, con la principessa Carolyne zu Sayn-Wittgenstein, conosciuta a Kiev. Il brillante musicista, conteso dai salotti e dalle sale da concerto di tutta Europa, nel 1865, decide di ricevere gli ordini minori in Vaticano da Papa Pio IX, e diviene l’Abbé (l’Abate) Liszt.

I suoi pellegrinaggi continuano nella terza Année, lontano dalla mondanità, dal suo eremo vicino Roma, in una dimensione riservata e totalmente spirituale, nella meravigliosa dimora rinascimentale, che il cardinale bavarese Gustav Adolf von Hohenlohe, colto mecenate, mette a sua disposizione nella Villa d’Este a Tivoli. La trilogia Années fonde in un progetto ideale unitario, le tre diverse fasi della vita di Liszt, del suo lungo peregrinare, iniziato con una fuga amorosa, tra il fascino naturale paesaggistico, del primo volume, l’attrazione verso le creazioni artistiche dell’uomo, del secondo e, infine, la ricerca di un mondo che trascende ogni limite terreno e umano, del terzo. Un percorso che rappresenta la lotta dello spirito attraverso la natura, l’arte e la fede, dove il pellegrino, il wanderer romantico sempre in cammino, alla fine trova un punto di arrivo, in una città eterna fuori dal mondo.

Qui, Liszt compone e suona seduto al suo pianoforte collocato davanti a una finestra spaziante sulla vastissima pianura romana fino all’Urbe, ai Castelli Romani e all’adiacente giardino, con le sue spettacolari fontane dai mille zampilli. Un’infinita ispirazione che trasforma la sua musica in visionaria, immateriale e ascetica: la voce di un uomo sopraffatto da un pessimismo, quasi disperato, ma che nonostante tutto riesce a trovare la via d’uscita verso la luce. Nell’estate del 1877, tra la vegetazione del parco che gli parla, così scrive alla donna che avrebbe voluto sposare, la principessa Carolyne zu Sayn-Wittgenstein: «Questi tre giorni li ho passati tutti sotto i cipressi! Impossibile occuparmi d’altra cosa, della chiesa stessa. I vecchi tronchi mi salutavano e io sentivo piangere i rami carichi d’immutevole fogliame! Infine eccoli, eccoli coricati sulla carta da musica, e dopo averli tanto corretti, raschiati, riraschiati e copiati, mi rassegno a non toccarli più…» Il sommo pianista sta alludendo al secondo e al terzo pezzo: Aux cyprès de la Villa d’Este, thrénodie I-II, tra i sette che costituiscono la terza serie degli Anni di Pellegrinaggio. Brani sui quali, Ottorino Respighi innesterà una propria ispirazione musicale, sviluppata nei Pini di Roma.

Dai toni foschi di queste pagine, il compositore passa alla luminosità del celebre e virtuosistico quarto pezzo della raccolta: Les jeux d’eau à la Villa d’Este (I giochi d’acqua a Villa d’Este), Allegretto in Fa diesis maggiore. Una musica dai colori così brillanti e cangianti, tale da evocare tutta la magia del luogo: i suoni delle fontane, delle grotte e dei ninfei che adornano la villa. Le acque zampillanti che scorrono diventano icone di vita, di purificazione, e gioia eterna. Un simbolismo religioso rivelato con la citazione del Vangelo secondo Giovanni, apposta sotto la battuta 144, quando l’incessante mobilità di tale musica si placa ed emerge una melodia intensamente soave: «sed aqua, quam ego dabo eì, fiet in eo fons aquae salientis in vitam aeternam» («ma l’acqua, che io gli darò, diventerà in lui una sorgente d’acqua che scaturisce in vita eterna»).            

L’intensa e diversificata attività artistica di Liszt ha ispirato i compositori delle generazioni successive, le varie tendenze della musica moderna, tra cui l’impressionismo, il dodecafonismo seriale, il revival del folklore, come pure la musica da film. Molti studiosi considerano I giochi d’acqua a Villa d’Este, che riportano la mente allo scorrere delle acque, a impetuosi ruscelli e cascate, il primo brano impressionista nella storia della musica. Un preludio alle opere di Debussy, Respighi, ma, soprattutto, ai Jeux d’eau di Ravel, chiaro omaggio al compositore ungherese.

 

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