di Stefano Teani
“In tempi bui, ci sarà anche canto?”
Bertolt Brecht, Domande di un lettore operaio.
Musica e catastrofe.
In mezzo a guerre, pandemie, crisi climatiche, ci ritroviamo – quasi istintivamente – a riscoprire i grandi classici. Concerti in streaming durante il lockdown, sinfonie di Beethoven trasmesse nei rifugi antiaerei ucraini, Mahler come colonna sonora di film apocalittici.
Perché, nei momenti di disgregazione, ci rifugiamo in una musica che sembra appartenere a un altro tempo?
La sinfonia come struttura del caos.
Una sinfonia è un organismo complesso, ma ordinato: tensioni, risoluzioni, archi narrativi.
In una realtà frammentata e imprevedibile, ascoltare Beethoven – specialmente la Quinta o la Nona – diventa un atto di resistenza psicologica. Il suo ordine diventa balsamo.
La filosofia hegeliana aveva già intuito tutto questo: l’arte è la manifestazione sensibile dello Spirito. La musica classica, allora, diventa una forma di pensiero incarnato, capace di dare senso al dolore. Alcuni esempi:
- Beethoven nel bunker: Durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, la BBC trasmetteva regolarmente la Sinfonia n.5 per mantenere alto il morale.
- La Nona a Berlino (1989): La sinfonia dell’“Inno alla gioia” divenne colonna sonora della caduta del Muro.
- Ucraina 2022: L’orchestra sinfonica di Kyiv esegue musiche classiche tra le rovine, come atto di testimonianza e speranza.
Questo dimostra che il passato non è mai solo passato: si attiva nel presente e gli dà forma.
Estetica del rifugio.
La musica classica non è solo un’eredità culturale: è un luogo mentale.
Un rifugio fatto di strutture sonore che ci ancorano al tempo, alla coerenza, alla bellezza.
Come scrive Theodor W. Adorno, grande amante di Mahler e sopravvissuto all’esilio:
“L’arte è la promessa di felicità in un mondo che la nega.”
In questo senso, ascoltare musica classica in tempi di crisi non è nostalgia. È una forma di lotta.
Il potere di una sinfonia di Beethoven non è solo nella sua forma, ma nella sua carica simbolica.
La musica classica, quando è viva, non è un oggetto da museo, ma un dispositivo etico ed esistenziale.
Come nota Martha Nussbaum:
“Le arti ci aiutano a sviluppare la compassione e la capacità di pensiero critico.”
In tempi di crisi, abbiamo bisogno di entrambe.
Ascoltare è resistere.
Riscoprire le sinfonie nei momenti di rottura non è un’evasione, ma un ritorno alla profondità.
La musica classica ci ricorda che esistono ancora ordine, bellezza e significato – anche quando il mondo sembra esserne privo.
Forse è proprio in questi momenti che la sua voce diventa più chiara. E più necessaria.
Riferimenti bibliografici.
- Adorno, T. W. (1970). Introduzione alla sociologia della musica.
- Hegel, G. W. F. (1835). Estetica.
- Nussbaum, M. (1997). Coltivare l’umanità.
- Ross, A. (2007). Il resto è rumore.
Sachs, H. (2010). “Beethoven in the Bunker.” The Guardian.
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