Una vita per il pianoforte. Intervista a Bruno Canino.

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di Maria Musti

Napoli, primi anni Quaranta: l’ingegner Canino, appassionato di musica, porta suo figlio Bruno a una rappresentazione di Madama Butterfly. Il bambino, affascinato e commosso da quelle melodie, tornato a casa cerca di riprodurle sul pianoforte verticale di famiglia. I genitori decidono così di fargli studiare musica, affidandolo a un giovane di belle speranze, anch’egli destinato a un luminoso futuro: Vincenzo Vitale. Da lì prese il via una brillante carriera internazionale sia da solista che da raffinato camerista, a fianco di importanti nomi del panorama strumentale, tra cui i violinisti Uto Ughi, Salvatore Accardo, Itzhak Perlman e Viktorija Mullova. Senza dimenticare il duo pianistico con Antonio Ballista, suo compagno di studi, che ha festeggiato il settantennale di attività.
Oggi, alla soglia dei 90 anni (li compirà il 30 dicembre), il maestro napoletano conserva intatta la passione degli inizi. “Sono fortunato, faccio un mestiere che mi piace”, dice sorridendo.

Lo abbiamo incontrato in occasione della sua presenza a Cremona Musica International Exhibitions and Festival 2025, dove ha ricevuto il Cremona Musica Award nella categoria Una vita per il pianoforte.

Lei si è avvicinato alla musica grazie all’opera, ma nella sua carriera ha collaborato solo in minima parte con cantanti. Come mai?
L’amore per la lirica c’è sempre, ma quando cominciai a studiare con Vitale mi sentii dire di lasciarla perdere. E così feci. A inizio carriera ho lavorato come pianista accompagnatore delle classi di canto: mi piaceva molto.

Ha eseguito molta musica contemporanea. Cosa l’ha portata ad appassionarsi a questo repertorio?
Anch’io sono un compositore, seppur part-time; quando mi trasferii a Milano per studiare con Enco Calace ebbi l’occasione di diplomarmi anche in composizione con Bruno Bettinelli. Avevo amici compositori, come Manzoni, Castiglioni, Donatoni. Ho conosciuto Boulez, Stockhausen, Berio, con cui ho collaborato. È stato quasi un fatto generazionale, ma parallelamente ho approfondito il grande repertorio pianistico.

Per concludere, un consiglio a un giovane musicista che voglia mantenere intatta negli anni la propria freschezza e la gioia nella sua professione.
Amare la musica più del successo. Per fare questo lavoro servono passione, pazienza e studio costante: è quasi un lavoro di ingegneria che incastra diteggiatura, uso del pedale, coordinazione. La voglia di suonare è un prerequisito indispensabile, che si rimanga noti solo a livello cittadino o che si diventi una star internazionale.

 

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